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L'esperto risponde
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DOMANDA
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RISPOSTA DI
FERDINANDO PAPARATTI
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Egregio Collega,volevo sottoporLe il seguente caso:
Vi sono 2 palazzine A e B (come da allegato) amministrate da due diversi amministratori, inoltre vi è un locale a livello strada che ricade tra le 2 palazzine. Sono stati eseguiti dei lavori (nella specie di impermeabilizzazione) sul lastrico solare (ad uso esclusivo) della palazzina A e l'amministratore ritiene di applicare l'art. 1126 c.c., pertanto, ha richiesto le spese (in base ad una tabella millesimale predisposta ad hoc) per la parte di locale che ricade sotto il lastrico solare della palazzina A, ma gli avvocati della palazzina B affermano che nulla è dovuto, poichè tali locali rientrano nell'amministrazione della palazzina B.
Quesito: il proprietario dei locali ricadenti tra le 2 palazzine è tenuto a partecipare (per la parte di locale in proiezione verticale del lastrico) alle spese di riparazione?
Nell'attesa di un riscontro alla presente Le porgo i più cordiali, augurandoLe buon lavoro.
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Gent.le Collega, esaminato quanto da Lei esposto ed il Suo quesito, sono a
rappresentarLe di non intravvedere una ripartizione ex art.1126 c.c. delle
spese del lastrico solare nel caso in specie, tantomeno con una tabella
millesimale ad hoc che comprenda anche una proprietà non facente parte del
condominio. Infatti, perchè sia applicabile il 1126 c.c. sono necessari,
come presupposti, non solo l'uso esclusivo del lastrico solare, ma la
qualità di condomino anche del proprietario del bene/i immobile/i, o di
parte di esso/i, sottostante al lastrico solare.
Mi spiace di non aver potuto dare una risposta favorevole agli interessi del
condominio Suo assistito.
Buon lavoro.
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Egregio collega, le scrivo con riferimento alla figura del condominio parziale.
Nello specifico, una assemblea che ripartisca, in un condominio caratterizzato da 2 palazzine A e B, 4 scale, la spesa relativa alla manutenzione del lastrico solare insistente sulla palazzina B e della manutenzione del collettore fognario che serve sempre la palazzina B, anche a carico della palazzina A; pur esistendo un regolamento contrattuale che rimanda all'art. 1123 c.c. comma 3 e che prevede diverse tabelle, è nulla e quindi impugnabile senza limiti di tempo?
Nell'attesa di un riscontro alla presente Le porgo i più cordiali saluti
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Gentile Collega, in relazione al quesito che mi ha posto, evidenzio che il
deliberato assembleare è da ritenersi annullabile, quando con esso si
ripartiscono le spese in modo non conforme alla legge o al regolamento;
viceversa, è nullo, quando vi sia una volontà espressa diretta alla modifica
dei criteri legali e,quindi, in quest'ultima ipotesi, impugnabile anche dopo
che sia decorso il termine di 30 giorni.
E' di tutta evidenza che sulla base di tale criterio generale, sarà Sua cura
applicarlo al caso in specie, sulla scorta della determinante documentazione
condominiale in Suo possesso.
Sperando di esserLe stato utile, Le auguro buon lavoro. |
Egregio Collega,
approfitto della Sua esperienza in materia per chiederLe alcuni consigli in merito ad una questione personale.
Sono proprietario di un appartamento in un condominio. Nel mese di luglio l'Amministratore mi ha inviato la convocazione per l'assemblea annuale in cui approvare, tra l'altro, il rendiconto consuntivo 2008.
Guardando il rendiconto nella parte relativa al mio appartamento, ho appreso che l'Ammin. mi ha addebitato le spese di CTU relative ad una
causa promossa da un condomino nei confronti del condominio, rispetto alla quale avevo espresso il dissenso alle liti con raccomandata a.r., nonchè un addebito di €200 per spese individuali di riparazione
dell'impianto elettrico di casa. Premetto inoltre che la causa è attualmente pendente e che l'amministratore vorrebbe transigere la controversia, considerato che è molto probabile la soccombenza del condominio nella causa. La informo, inoltre, che non ho partecipato
alla assemblea in cui è stato approvato il consuntivo, nè ho dato delega ad alcuno.
La domanda è la seguente: la delibera di approvazione del consuntivo, ed in particolare delle spese di CTU e di riparazione dell'impianto elettrico, è da me impugnabile? in caso affermativo, si tratta di
nullità o annullabilità, anche ai fini del termine per impugnare la delibera? Le risulta che una eventuale transazione della causa tra le parti mi precluderebbe di poter far valere il dissenso alle liti già espresso in passato??
La ringrazio per l'attenzione e Le invio i miei più cordiali saluti.
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Egregio Collega, in relazione ai quesiti che pone alla mia attenzione, Le
rappresento quanto segue:
A) la delibera di approvazione e ripartizione delle spese di lite a carico
del condomino dissenziente, ex art.1132 c.c., è nulla e non annullabile.
Sul punto ed in tal senso, Le evidenzio la pronuncia della Corte di
Cassazione resa il 29 luglio 2005 con n.16092 ";
B) l' eventuale transazione della causa tra le parti Le precluderebbe di
poter far valere il dissenso alle liti già espresso in passato, ciò in
quanto il condomino dissenziente non può sottrarsi agli effetti di una
transazione stipulata da chi ha la rappresentanza del condominio essendo la
transazione un contratto come tutti gli altri, nel senso che impegna tutti i
condomini, ivi compresi i dissenzienti; ciò in virtù dei principi che si
ricavano dal primo comma dell'art.1137 c.c. e dal primo comma dell'art.
1131.c.c. e tenuto conto che l'art. 1132 c.c. è un'eccezione al principio
generale e come tale, non è applicabile oltre i casi specificatamente
considerati. Da ultimo, vi è da precisare che nel caso in cui la
transazione abbia ad oggetto l'accertamento e la disposizione di diritti
reali, necessiti un deliberato che abbia il consenso unanime di tutti i
condomini, mentre, per ipotesi diverse, è necessario, ai sensi dell'art.
1136 commi 2 e 4, un deliberato che raccolga un numero di voti che
rappresenti la maggioranza degli intervenuti ed almeno la metà del valore
dell'edificio;
C) In merito all'addebito di spese per la riparazione dell'impianto
elettrico di casa, non emergendo dal quesito elementi più specifici con
riguardo al caso in specie, sono costretto ad esimermi dalla risposta,
confortato dal fatto che, all'apparenza, sembra si tratti di aspetto
marginale tra quelli che mi ha sottoposto.
Cordiali saluti
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Gentile Collega, nel ringraziarTi per la disponibilità, sono a richiederti un parere su
una questione particolarmente spinosa, almeno per me, giovane avvocato.
Trattasi della facoltà-possibilità prevista dall’art 61 disp att. c.c. di taluni comproprietari di sciogliersi, anche mediante pronuncia giudiziale, dal Condominio originario, composto da numerosi palazzi, ciascuno con diverse scale, e tutte facenti capo ad un unico Condominio.
La questione che ti sottopongo riguarda la possibilità di richiedere al Tribunale lo scioglimento dal Condominio anche in presenza di una norma prevista dal Regolamento di Condominio secondo la quale, condicio sine
qua non per distaccarsi dal Supercondominio, è la “definizione di tutte le pendenze amministrativo-economiche pregresse con il Supercondominio”.
Premetto una osservazione sul tenore di una tale norma (in riferimento alla quale chiedo un Tuo conforto), e cioè che appare improprio parlare
di Supercondominio (conme in effetti si fa menzione nel Regolamento...) laddove in realtà si tratta di Condominio semplice, seppure composto da gruppi di edifici: il SuperCondominio, infatti, seppure sia una mera derivazione dottrinale, è tale quando sia composto da distinti ed
indipendenti Condomini, e si rende necessario, per l'appunto, per la gestione delle parti comuni tra i vari Condomini.
In punto di diritto, può una siffatta disposizione essere ritenuta pregiudiziale rispetto ad una eventuale pronuncia, nel merito, da parte
del Tribunale?
Peraltro, una siffatta norma, impedirebbe di fatto sul nascere qualsiasi
velleità di scioglimento, laddove per “definizione” si intenda l’estinzione di tutte le pendenze amministrativo-economiche.
Dovendo io rappresentare le volontà di taluni condòmini a sciogliersi dal Condominio, propenderei per ritenere sufficiente un riconoscimento ed assestamento di tutti i debiti ad una tale data (e non estinzione), e successive gestioni condominiali separate, salvo la gestione delle parti comuni, che dovrà pertanto essere affidata ad un costituendo Supercondominio.
Mi confermi, infine, che per una corretta instaurazione del legittimo contraddittorio, sarà necessario eventualmente chiamare tutti i singoli
condomini e non l'Amm.re, inteso quale rappresentante legale del Condominio?
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Cortese Collega,
quanto di seguito esposto ha una sua valenza rispetto alla fattispecie di cui trattasi qualora non sussistano altri aspetti non emersi dal quesito.
Preliminarmente sconsiglio di sollevare questioni relative alla sussistenza o meno di un supercondominio nel caso in specie. Per quanto
fondate le tesi, si scoprirebbero dei nervi sensibili, con un prevedibile lungo giudizio su un'aspetto che necessariamente dovrebbe essere oggetto di
istruttoria e di una decisione pregiudiziale alla pronuncia sulla domanda relativa all'autonomia condominiale della palazzina dal resto del
supercondominio.
Sulla scorta di questa precisazione e verificato il contenuto dell'art.5, estratto dal regolamento del supercondominio, ritengo che i Tuoi assistiti non dovrebbero avere difficoltà ad ottenere l'autonomia
condominiale della palazzina ove insistono i beni immobili di Loro proprietà, perchè il richiamato articolo:
a) prevede la possibilità della separazione dal supercondominio;
b) prevede che la separazione possa essere oggetto di una delibera assembleare con il quorum di cui al secondo comma dell'art. 1136 c.c.;
c) prevede che ci si possa separare se siano definite tutte le pendenze amministrativo-economiche pregresse con il supercondominio e che questo
debba coincidere, con il termine dell'esercizio finanziario del condominio.
Trattasi, quindi, di pendenze pregresse, non successive o future alla separazione deliberata. L'individuazione di tali pendenze (sono gli oneri
dovuti dalla palazzina che chiede l'autonomia) è facilmente accertata ed accertabile facendo riferimento alla delibera di approvazione del consuntivo di gestione e di ripartizione da parte dell'assemblea del supercondominio.
E' l'unico atto e documento contabile di riferimento, il quale, in quanto approvato, se non viene proposta ed accolta un'eventuale impugnazione giudiziale della delibera di approvazione, è fonte certa e legale delle
rispettive partite di dare ed avere per i condomini tutti.
Da ciò deriva che la condizione posta con l'art. 5 (definizione delle pendenze amministrativo-economiche) affinchè le separazioni, come recita
l'articolo, "potranno essere realizzate " si deve considerare avverata automaticamente
con il versamento integrale da parte dei condomini degli oneri dovuti come da delibera di approvazione del consuntivo e riparto del supercondominio;
d) prevede e richiama l'art.61 delle disp.att.c.c., che fa proprio e cui è evidentemente possibile ricorrere qualora non si raggiungano i quorum
assembleari di cui all'art.1136 c.c. per ottenere la separazione e lo scioglimento dal supercondominio. Come noto, per ricorrere al Tribunale ,ex
art. 61 c.c. disp. att., è necessario che la richiesta sia avanzata da un terzo dei comproprietari di quella parte di edificio che chiede la separazione dal supercondominio. Anche nel caso in cui si dovesse ricorrere all'art. 61 disp att., la definizione delle pendenze amministrativo-economiche, può essere risolta sulla base della fonte (delibera di bilancio) e secondo le modalità di cui alla precedente lettera "c".
Da ultimo, per quanto attiene al litisconsorzio, è necessaria la chiamata in giudizio di tutti i condomini del supercondominio (Sul punto: Cass. 23 gennaio 2008 n. 1460).
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Stimato Avv. Paparatti, il mio assistito é nudo proprietario di un appartamento posto in un condominio. L'amministratore del predetto condominio indice una assemblea ordinaria della quale dà notizia unicamente all'usufruttuario per l'approvazione di lavori che nello stesso capitolato integrante il contratto di appalto intercorso con la ditta esecutrice delle opere vengono rubricati come lavori di manutenzione ordinaria. Il legale del condominio chiede ora al mio assitito, nudo proprietario, la corresponsione dei relativi oneri.
Mi chiedo se quei lavori, sebbene rubricati "manutenzione ordinaria", possano nella sostanza qualificarsi invece come straordinaria manutenzione, posto che trattasi di: -opere provvisionali e di sicurezza; - revisione intonaci facciata, -rifacimento intonaci; -revisione intonaco basamento; -intonaco canna fumaria; -impermeabilizzazione balconi; -pittura basamento; -preparazione facciata; -impermeabilizzazione torrino; -trattamento basamento; -tinteggiatura facciata; -pittura opere in legno; -pittura opere in ferro balconi; -pittura opere in ferro basamento; -pittura opere in legno; -preparazione superficie murarie interne; -tinteggiatura superfici murarie interne; -basamento in travertino; -rimozione elementi in ferro; - realizzazione scala in acciaio; - rimozione tegole; realizzazione antenna centralizzata; - revisione infissi vano scale. Come devono qualificarsi detti lavori? A chi spettano i relativi oneri?
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Cortese Collega,
in merito al caso che mi ha proposto, sono a condividere con Lei quali siano
le norme e i principi applicabili alla fattispecie.
Le norme di riferimento, come noto, sono gli artt. 1004 c.c. (spese a carico dell'usufruttuario) e 1005 c.c. (riparazioni straordinarie).
Non riporto, per ovvi motivi, il contenuto letterale delle richiamate norme, ma Le evidenzio che la classificazione tra spese ordinarie e straordinarie,
e quindi la conseguente attribuzione dei relativi oneri all'usufruttuario o al nudo proprietario, dipende non tanto dalla qualificazione letterale astrattamente data all'intervento, ma dalla caratteristica concreta
dell'intervento stesso, sotto il profilo della tecnica edilizia. Perchè la riparazione sia straordinaria, l'opera deve importare, rispetto all'elemento oggetto d'intervento, la ricostruzione, il rinnovamento o la sostituzione, e ciò rileva anche se l'intervento sia parziale, non convolgendo integralmente tutto l'elemento.
Altro aspetto che Le evidenzio, è che l'elenco di riparazioni straordinarie di cui all'art. 1005 c.c. non è tassativo.
Ciò che dovrà preventivamente verificare nel caso concreto che la riguarda, anche a mezzo di un tecnico di fiducia del Suo assistito, è la caratteristica tecnica delle opere e, sulla scorta di tale verifica, applicare i principi di classificazione sopra indicati, onde poter
fondatamente rifiutare il versamento di oneri non dovuti dal nudo proprietario.
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Stimato Avv Paparatti, sono un giovane collega e non mi occupo della materia condominiale. Vorrei beneficiare di una risposta relativamente al seguente caso.
Trattasi dell’integrale chiusura a veranda di parte della terrazza a livello di proprietà ed uso esclusivo dell’immobile posto all’ultimo piano di un palazzo condominiale, terrazza divenuta abitativa a tutti gli effetti ed adibita a palestra “ domestica “.
Può considerarsi sopraelevazione ?
E’ dovuta un’indennità e a chi spetta ?
Chi è legittimato attivo e passivo sostanziale e processuale ?
Che riflessi sulle tabelle millesimali ?
Grazie per l’attenzione dedicata.
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Gentile Collega, dedico con piacere la mia attenzione ai Tuoi quesiti, ai quali rispondo offrendoTi delle adeguate linee guida, che Ti invito a considerare solo come un contributo atto a stimolare ed aiutare la Tua personale ricerca, ricerca che è seme e impegno gratificante per ogni Avvocato ai fini dell’accrescimento delle competenze e del libero aggiornamento professionale.
1) In merito alla effettuata sopraelevazione da parte di un condomino, rammento:
a) che l’art. 1127 c.c. consente al proprietario dell’ultimo piano dell’edificio di “elevare nuovi piani o nuove fabbriche”, ma prevede anche che “Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un’indennità pari al valore attuale dell’area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero di piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l’importo della quota a lui spettante.”, quindi l’indennità di cui sopra è certamente dovuta;
b) che l’indennità spetta a coloro che al momento della sopraelevazione siano proprietari dei piani o porzione di piano e non al condominio nel suo complesso; il diritto dei condomini ad essere indennizzati, ha natura di diritto autonomo e personale, e quindi, in virtù di ciò la relativa istanza deve essere avanzata dal o dai condomini che vogliano esercitare tale diritto e non dall’amministrazione del condominio; per costante giurisprudenza e dottrina ad agire per vedere riconosciuta l’indennità di cui all’art. 1127 c.c., può essere ciascuno dei condomini, solo per la sua quota: non vi è litisconsorzio necessario con gli altri condomini.
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2) Per quanto riguarda la revisione o la modifica delle tabelle millesimali condominiali, dipendente e conseguente alla sopraelevazione, l’art. 69 delle disposizioni di attuazione del c.c. così recita: “I valori proporzionali dei vari piani o porzione di piano possono essere riveduti o modificati, anche nell’interesse di un solo condomino, nei seguenti casi: 1) quando risulta che sono conseguenza di un errore;2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza della sopraelevazione di nuovi piani, di espropriazione parziale o di innovazioni di vasta portata, è notevolmente alterato il rapporto originario tra i valori dei singoli piani o porzioni di piano.”
Ad integrazione di quanto si rileva dal solo tenore letterale della disposizione richiamata, la possibilità di rivedere e modificare le tabelle millesimali:
a) è prevista solo se è notevolmente alterato il rapporto originario dei valori dei singoli piani o porzione di piano;
b) è consentita anche nell’interesse di un solo condomino;
c) può avvenire o in assemblea, con deliberazione adottata con il consenso di tutti i condomini, oppure con provvedimento del Tribunale.
Dal punto di vista della legittimazione attiva non v’è dubbio che essa competa a tutti i singoli condomini singolarmente o cumulativamente per effetto della mera partecipazione al condominio, e non al condominio in persona del legale rappresentante pro-tempore; viceversa, per ciò che riguarda la legittimazione passiva, se da un lato è principio acquisito in giurisprudenza che la domanda debba essere proposta nei riguardi di tutti i singoli partecipanti al condominio, dall’altro lato, parte della giurisprudenza, propende per la legittimazione passiva dell’amministratore, essendo la domanda stessa preordinata anche alla tutela di cose ed interessi comuni.
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