Dichiarazione resa da Federico Bucci nell'adunanza consiliare dell’11 settembre 2008:
“Nel 2001 il Consiglio dell’Ordine di Roma - su invito dell’Assemblea ad approfondire il problema che avevo scoperto - ritenne che gli “iscritti nell’albo” dai quali il CNF potrebbe pretendere un contributo siano gli iscritti nell’albo dei cassazionisti tenuto dallo stesso CNF. Conseguentemente, il Consiglio dell’Ordine di Roma deliberò di non consentirsi più di svolgere la funziona esattoriale nei confronti dei propri iscritti non cassazionisti (non ritenendo lecito agitare la minaccia di sospensione per morosità per incassare il loro contributo al CNF).
In verità, dall’entrata in vigore delle Costituzione il 1° gennaio 1948, ogni contributo preteso dal CNF non sarebbe dovuto sulla base della grottesca disposizione - art 14 del D. Lgs. Lgt 382/44 - che in uno stato totalitario, autodichiaratosi etico, consentirebbe ai Consigli Nazionali delle professioni di chiedere quello che volessero, senza che quella remota disposizione autoritaria specificasse alcuna pur indispensabile precisazione sulla contribuzione e sulle modalità e sui criteri per determinarla. Dunque, risultando tale pretesa di contribuzione grottesca ed ormai incostituzionale, i Consigli Nazionali non potrebbero più permettersi di invocarla e così il CNF non potrebbe pretendere contributi nemmeno dagli iscritti nel suo albo di cassazionisti. La pretesa di contribuzione del CNF non viene nemmeno (almeno) approvata dai contribuenti (assemblea degli iscritti, come previsto nella nostra legge professionale per ogni Ordine territoriale e come da 800 anni stabilito nella Magna Charta, che ha incivilito il mondo).
Fino a che io, divenuto Presidente dell’Ordine di Roma nel marzo 2001, dovendo versare al CNF l’enorme importo riscosso dal Consiglio dagli avvocati romani per il CNF (nelle misure forfetarie pretese annualmente), prima di pagare mi feci scrupolo di cercare la disposizione per la quale il CNF chiedeva da anni sempre 100 mila lire ai cassazionisti e 50 mila lire ai non cassazionisti. Rimasi trasecolato nel leggere la sbalorditiva disposizione sopra indicata e non credetti ai miei occhi. La successiva assemblea dell’Ordine romano del luglio 2001 sul nostro bilancio, informata di quanto era sfuggito da decenni agli avvocati romani, invitò il Consiglio ad approfondire il preteso fondamento di quella che sembrava una gabella aberrante (che, pagata allora non da tutti gli avvocati italiani, fruttava comunque miliardi dei quali non veniva reso conto ai contribuenti, venendo il bilancio del CNF approvato da se stesso e pubblicato per alcuni anni su una delle sue riviste “La Rassegna Forense” che duecentomila avvocati non hanno mai visto).
Approfondito con enorme scrupolo l’argomento, a dicembre 2001 il Consiglio dell’Ordine romano deliberò con ampia motivazione di non prestarsi più a riscuotere il contributo al CNF dai non cassazionisti e - nonostante la vistosa incostituzionalità sopravvenuta della vecchia norma - si piegò a riscuotere pur tuttavia il contributo soltanto dai cassazionisti (in quanto essi “iscritti nell’albo” del CNF). Così da allora.
Gli avvocati romani furono destinatari di minacce, ma non cedettero (la sospensione dall’esercizio professionale per morosità la potrebbe disporre il Consiglio dell’Ordine di Roma, non il CNF, come illecitamente minacciava qualche ignorante, poiché il CNF è il giudice dei provvedimenti amministrativi dei Consigli forensi territoriali).
Ogni tanto i miei nemici hanno ventilato con gioia che il CNF si apprestava ad attaccare gli avvocati romani, così ponendomi in cattiva luce, poiché io avevo segnalato il problema. Lascio ai Colleghi il commento su tale ignobile esultanza.
Dopo anni di acquiescenza del CNF alla mancata esazione per suo conto da parte del Consiglio dell’Ordine romano, ho sentito da alcune settimane che il CNF avrebbe anticipato l’intenzione di scatenare l’attacco pretendendo importi per gli anno dal 2002 in poi.
La consegna da parte del Consiglio dell’Ordine di Roma del supporto elettronico al CNF, per attaccare con pesanti richieste economiche gli avvocati romani non cassazionisti, significherebbe collaborare in danno dei propri iscritti, per un fine neppure giusto. Una tale collaborazione del Consiglio dell’Ordine romano mi appare inammissibile, perfino se si dubitasse del fondamento delle ottime ragioni che nel dicembre 2001 indussero il Consiglio a non esigere il contributo dagli avvocati non cassazionisti (val dire: non iscritti nell’albo tenuto dal CNF).
Se gli avvocati romani, dopo un tale gesto di collaborazione del Consiglio del loro Ordine, subissero danni, è evidente che ne potrebbero chiedere il risarcimento, indipendentemente dal negativo giudizio su tale collaborazione consiliare.
Per tali motivi, sono fermamente contrario a che il Consiglio deliberi di accogliere la richiesta del CNF.”