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domenica 22 dicembre 2024 ..:: Documenti » Riscossione esattoriale. Enrico Fronticelli ::.. Registrazione  Login
Riscossione esattoriale Riduci
Roma, 3.10.2005. La materia in esame è disciplinata dal D.P.R. 29.09.1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito).
Per consentire un approccio più organico alla materia, seguiremo l’ordine di esposizione delineato dal legislatore nel D.P.R. 602/73 affrontando, solo alla fine dell’incontro, le modifiche che sono state apportate dalla l. 31.07.2005, n. 256, la quale ha recepito gli spunti critici che il Giudice delle leggi ha espresso nella sentenza n. 280 del 15.07.2005, relativamente alla mancanza di un termine entro il quale il concessionario deve notificare al contribuente la cartella di pagamento delle imposte liquidate ai sensi degli artt. 36 bis e ter del D.P.R. 29.09.1973, n. 600, (Disposizioni comuni in materia di accertamento sulle imposte sui redditi).
La recente pronuncia e la nuova legge meriterebbero un esame più approfondito; al momento, effettueremo soltanto un confronto tra il vecchio ed il nuovo testo, quando nel nostro iter espositivo saremo giunti ad esaminare la materia oggetto della rivisitazione legislativa.
Il citato D.P.R. 602/73 stabilisce le modalità di riscossione delle imposte sul reddito, prevedendo che le stesse possono essere riscosse mediante:
1)      ritenuta diretta;
2)      versamenti diretti del contribuente al concessionario e alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato;
3)      iscrizione nei ruoli.
Per quanto riguarda le modalità di riscossione mediante ritenuta diretta, le imposte sono pagate in tale forma nei casi indicati dalla legge.
Per quanto concerne la riscossione mediante versamenti diretti, l’art. 3 delD.P.R. 602/73 stabilisce come siano riscosse mediante versamento diretto al concessionario:
1)      le ritenute alla fonte di cui agli artt. 23, 24, 25, 25 bis e 28 del D.P.R. n. 600/73 - con ciò intendendo le ritenute sui redditi del lavoro dipendente e del lavoro autonomo, le ritenute sulle provvigioni inerenti al rapporto di commissione, di agenzia, di mediazione, di rappresentanza di commercio e di procacciamento di affari ed infine le ritenute sui compensi per avviamento commerciale e sui contributi degli enti pubblici, da parte di soggetti diversi da quelli indicati nel primo comma dell’art. 29 del predetto decreto e quindi con ciò intendendo le amministrazioni dello stato.
Viene, altresì, riscosso tramite versamento diretto al concessionario:
2)      l’imposta sul reddito delle persone giuridiche, nonché l’imposta sostitutiva di cui all’art. 16 bis del T.U.I.R. dovute in base alle dichiarazioni annuali;
3)      le ritenute alla fonte sui dividendi di cui al già citato D.P.R. 600/73;
4)      l’imposta locale sui redditi dovuta, in base alla dichiarazione annuale dei soggetti all’imposta sul reddito delle persone giuridiche che si avvalgono della facoltà di approvare il bilancio a norma di leggi speciali, oltre sei mesi dalla data di chiusura dell’esercizio.
Sono riscosse mediante versamento diretto alle sezioni di tesoreria provinciale dello Stato:
1)      le ritenute operate dalle amministrazioni della Camera dei deputati, del Senato e della Corte Costituzionale;
2)      le ritenute operate ai sensi dell’art. art. 27, comma 4, del D.P.R. 600/73;
3)      l’imposta sul reddito delle persone fisiche, dovuta in base alla dichiarazione annuale;
4)      le ritenute alla fonte di cui all’art. 26, comma 1, del D.P.R. 600/73, relative agli interessi ed ai redditi da capitale maturati nel periodo di imposta purchè non corrisposti;
5)      le ritenute alla fonte applicabili sui redditi di cui all’art. 26, comma 2, del D.P.R. 600/1973, con ciò intendendo titoli emessi da società od enti diversi da banche il cui capitale sia rappresentato da azioni non negoziate in mercati regolamentati italiani ovvero da quote maturate nei periodi di imposta ancorché non corrisposte;
6)      le ritenute sui redditi di cui all’art. 26, commi 3-3 bis e 5 e quindi proventi dovuti da soggetti non residenti, ivi compresa la somma dovuta in caso di anticipato rimborso di obbligazioni e titoli similari;
7)      le ritenute alla fonte sui premi, di cui all’art. 30del D.P.R. 600/73, maturati nel periodo di imposta ancorché non corrisposti;
8)      le ritenute alla fonte operate da aziende di credito e da istituti di credito, a norma dell’art. 1 D.l. 02.10.1981, n. 546;
9)      le ritenute operate dagli enti pubblici di cui alla tabelle A e B allegate alla legge del 29.10.1984, n. 720. 
Per quanto concerne il versamento diretto dell’IRPEF, l’art. 3 bis D.P.R. 602/73 dispone che questo si effettui mediante delega del contribuente ad un’azienda di credito, la quale deve rilasciare una dichiarazione attestante l’indicazione dell’importo di versamento e la data in cui l’ha ricevuto.
Nel caso in cui, viceversa, il versamento sia effettuato presso il concessionario, lo stesso avverrà mediante distinta di versamento indicante le generalità del contribuente, il domicilio fiscale, l’imposta ed il periodo a cui il versamento si riferisce.
Il concessionario rilascerà quietanza di pagamento di quanto ricevuto.
Infine, tale versamento può essere effettuato in danaro sull’apposito conto corrente postale intestato al concessionario, su stampati conformi al modello approvato dal Ministero delle finanze di concerto con quello delle Poste e delle telecomunicazioni.
Possiamo tralasciare i termini indicati per il versamento diretto.
Per quanto concerne le definizioni usate dal legislatore nel D.P.R. 602/73,:
 -        per “ruolo”, si intende l’elenco dei debitori e delle somme da essi dovute formato dall’ufficio dell’ente impositore ai fini della riscossione a mezzo del concessionario;
-         per “concessionario, si intende il soggetto al quale è affidato il compito di riscuotere le somme ( i termini “esattore” ed “esattoria” sono stati sostituiti con il termine “concessionario” ex art. 35 D.l. 26.02.1999, n. 46) (art. 10 D.P.R. 602/73).
Il ruolo
L’art. 11 del D.P.R. 602/73, per quanto concerne l’oggetto dei ruoli, afferma che nel ruolo devono essere iscritte le imposte, le sanzioni e gli interessi.
I ruoli vengono distinti in: ordinari e straordinari, intendendo per straordinari quelli in cui vi è un fondato pericolo per la riscossione.
In ordine alla formazione del ruolo ed al contenuto dello stesso, l’ufficio competente forma ruoli distinti per ciascuno degli ambiti territoriali in cui opera il concessionario (art. 12 D.P.R. 602/73).
In ciascuno ruolo vengono iscritte tutte le somme dovute dai contribuenti che hanno il domicilio fiscale nei Comuni ricompresi nell’ambito territoriale a cui il ruolo fa riferimento.
I dati che devono essere contenuti nel ruolo, nonché i tempi e le procedure di formazione dello stesso, sono stabiliti con decreto del Ministero delle finanze di concerto con il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
Il D.lgs del 26.01.2001, n. 32, innovando il precedente art. 12 del D.P.R. 602/73, ha stabilito come nel ruolo vadano comunque indicati il codice fiscale del contribuente, la specie del ruolo, la data in cui il ruolo diviene esecutivo ed il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento. La norma precisa che, in difetto di tali indicazioni, non può farsi luogo all’iscrizione.
Il ruolo deve poi essere sottoscritto, anche mediante firma elettronica, dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato.
L’iscrizione a ruolo e la cartella di pagamento
L’art. 14 del D.P.R. 602/73 dispone che sono iscritte nel ruolo, a titolo definitivo:
- le imposte e le ritenute alla fonte liquidate ai sensi dell’art 36 bis e ter del D.P.R. 600/73; ci riferiamo, pertanto, alla procedura di liquidazione delle imposte, dei contributi, dei premi e dei rimborsi dovuti in base alle dichiarazioni (art. 36 bis) ed al controllo formale delle dichiarazioni stesse (art. 36 ter).
Unicamente per completezza di esposizione ricordiamo che, il citato art. 36 bis, afferma che l’amministrazione finanziaria, traendo i dati dagli elementi desumibili dalla dichiarazione, avvalendosi delle procedure automatizzate, entro l’inizio del periodo di presentazione delle dichiarazioni relative all’anno successivo, procede alla liquidazione delle imposte, dei contributi e dei premi dovuti nonché degli eventuali rimborsi spettanti in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti di imposta.
Nell’ambito di tale attività, che è finalizzata alla quantificazione dell’imposta e non alla rettifica del reddito, l’amministrazione finanziaria (art. 36 bis) provvede:
1)      a correggere gli errori materiali e di calcolo commessi dai contribuenti,
2)      a ridurre le detrazioni di imposta indicate in misura superiore a quella previste dalla legge ovvero non spettanti sulla base dei dati risultanti dalle dichiarazioni;
3)      a ridurre le deduzioni dal reddito esposte in misura superiore a quelle previste dalla legge;
4)      a ridurre i crediti di imposta esposti in misura superiore a quelli previsti dalla legge;
nonché, infine,
5)      a controllare la rispondenza con la dichiarazione e la tempestività dei versamenti delle imposte, dei contributi e delle imposte dovute a titolo di acconto e di saldo, e delle ritenute alla fonte operate in qualità di sostituto di imposta.
Per quanto concerne poi l’art. 36 ter D.P.R. 600/73, inerente il controllo formale delle dichiarazioni e fondata sui controlli selettivi, gli uffici dell’amministrazione finanziaria procedono, entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello della presentazione della dichiarazione, al controllo formale delle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti di imposta escludendo, in tutto o in parte:
a)      lo scomputo delle ritenute d’acconto ovvero non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituiti di imposta;
b)       le detrazioni non spettanti in base ai documenti richiesti;
c)       le deduzioni dal reddito non spettanti;
d)       determinando i crediti di imposta;
e)       liquidando la maggiore imposta sul reddito delle persone fisiche e maggiori contributi dovuti;
f)         correggendo, infine, gli errori materiali e di calcolo commessi dalle dichiarazioni dei sostituti di imposta, tenendo anche conto delle capacità operative dei medesimi uffici.   
All’esito del controllo formale, viene comunicato al contribuente o al sostituto di imposta, l’indicazione dei motivi che hanno dato luogo alle rettifiche, per consentire a questi anche la segnalazione di eventuali dati ed elementi non considerati o valutati erroneamente in sede di controllo formale entro i 30 giorni successivi al ricevimento della comunicazione.
Vengono altresì iscritti a titolo definitivo nei ruoli, oltre alle imposte di cui agli artt. 36 bis e ter D.P.R. 600/73 sopra esaminati,
-         le imposte, le maggiori imposte e le ritenute alla fonte liquidate in base ad accertamenti definitivi
      nonché
-         i redditi dominicali dei terreni, i redditi agrari determinati d’ufficio in base alle risultanze catastali ed infine gli interessi, le soprattasse e le pene pecuniarie (art. 14 D.P.R. 602/73) .
In ordine alle iscrizione nei ruoli, in base ad accertamenti non definitivi, le imposte ed i contributi sono iscritti a titolo provvisorio nei ruoli, dopo la notifica dell’atto di accertamento, per la metà degli ammontari corrispondenti agli imponibili (art. 15 D.P.R. 602/73).
L’art. 17 indica poi i termini di decadenza per l’iscrizione a ruolo, stabilendo come le somme dovute dai contribuenti debbano essere iscritte e rese esecutive, a pena di decadenza:
g)      entro il 31 dicembre del secondo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di liquidazione di cui all’art. 36 bis D.P.R. 600/73;
h)      entro il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione, per le somme che risultano dovute a seguito dell’attività di controllo formale prevista dall’art 36 ter D.P.R. 600/73;
i)        entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio.
 Tale norma ha trovato però abrogazione in forza della rivisitazione dell’art. 25, del D.P.R. in esame, operato dalla l. 156/2005, la quale, recependo i principi affermati dalla Corte costituzionale con sentenza n. 280/2005, ha stabilito i nuovi termini di notifica della cartella di pagamento, abrogando contestualmente il citato art. 17.
È opportuno soffermarsi sulle novità, di enorme rilievo, apportate dalla citata legge 31.07.2005, n. 156 (Conversione in legge, con modificazioni, del D.l. 17.06.2005, n. 106, recante disposizioni urgenti in materia di entrate).
La stessa, come detto, ha, infatti, recepito i principi che il Giudice delle leggi ha individuato nella sentenza n. 280/2005, circa la mancanza di un termine per la notifica della cartella esattoriale nel caso di pagamento delle imposte liquidate ai sensi degli artt. 36 bis e ter D.P.R. 600/73.
I ruoli interessati dalla declaratoria di illegittimità sono quelli che decorrono dall’entrata in vigore del D.lgs. n. 193/01 (Disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi 26.02.1999, n. 46, e 13.04.1999, n. 112, in materia di riordino della disciplina relativa alla riscossione), il quale ha soppresso il precedente termine di notifica della cartella fissato in quattro mesi dalla consegna del ruolo, e che terminano con la disciplina contenuta nel comma 417 della Finanziaria 2005 la quale ha ripristinato il termine, fissandolo in dodici mesi.
In forza di tali principi, il legislatore con la l. 156/05, al fine di garantire l’interesse del contribuente alla conoscenza, in termini certi, della pretesa tributaria derivante dalla liquidazione delle dichiarazioni e di assicurare l’interesse pubblico alla riscossione dei crediti tributari, ha affermato che, per quanto riguarda la notifica delle cartelle di pagamento presentate dal 31 dicembre del 2001 sino al 1 gennaio del 2004, essa deve essere effettuata, a pena di decadenza:
-    per le dichiarazioni presentate sino al 2001, entro 5 anni dalla presentazione;
-    per quelle presentate nel 2002-2003, entro 4 anni dalla presentazione;
-   per le dichiarazioni presentate a decorrere dal 2004, nel termine di 3 anni     dalla presentazione.
Per quanto concerne poi il nuovo testo dell’art 25, che abbiamo visto ricomprendere ora al suo interno anche i termini precedentemente dettati dall’art. 17, il legislatore ha disposto che la notifica della cartella deve avvenire:
-         entro 3 anni dalla data di presentazione della dichiarazione, per i controlli di cui all’art 36 bis D.P.R. 600/73;
-         entro 4 anni dalla data di presentazione della dichiarazione, per i controlli di cui all’art. 36 ter D.P.R. 600/73 ;
-         entro 2 anni dalla data in cui l’accertamento è divenuto definitivo, per le somme dovute in base agli accertamenti dell’ufficio.
Tali disposizioni, nate al fine di garantire la necessaria uniformità del sistema di riscossione mediante ruolo delle imposte sui redditi, si applicano anche all’I.V.A..
Quello che emerge dalla legge è, tuttavia, l’incertezza delle previsioni per quanto concerne le entrate degli enti locali, nei cui confronti si profilano due diverse modalità di riscossione coattiva.
Infatti, l’art. 52 D.lgs. 15.12.1997, n. 446, (Istituzione dell’imposta regionale sulle attività produttive, revisione degli scaglioni, delle aliquote e delle detrazioni dell’Irpef ed istituzione di una addizionale regionale a tale imposta, nonché riordino della disciplina dei tributi locali) attribuisce agli enti locali il potere di disciplinare con proprio regolamento le entrate locali, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti.
La riscossione coattiva dei tributi e delle altre entrate di spettanza delle Province e dei Comuni può essere altresì effettuata con la procedura coattiva di cui al D.P.R. 602/73, che avviene tramite il Concessionario della riscossione, oppure facendo ricorso allo strumento dell’ingiunzione, di cui al R.D. 14.04.1910, n. 639, se svolta in proprio dall’ente locale ovvero affidata a terzi.
Pertanto, per tali entrate permangono dei termini certi per l’iscrizione a ruolo e si profilano delle incertezze relativamente ai nuovi termini per la notifica delle cartelle.
Pertanto la nuova dizione dell’art. 25 D.P.R. 602/73, relativa alla cartella di pagamento, oltre ad indicare i nuovi termini per la notifica della stessa, stabilisce ancora come quest’ultima sia redatta in conformità al modello approvato dal Ministero delle finanze e contenga l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo nel termine di 60 giorni dal giorno della notificazione nonché l’indicazione della data in cui il ruolo è stato reso esecutivo.
I dati contenuti nei ruoli, dopo essere stati elaborati dal consorzio nazionale dei concessionari, vengono trasmessi sotto forma di nastri magnetici al centro servizi del CED, dove si procede alla decodifica e alla successiva elaborazione, onde trasferire i dati sulla cartella di pagamento.
Da ciò ne discende che tutti i dati contenuti nei ruoli, nonché tutta l’attività precedente all’iscrizione a ruolo è posta a carico dell’Amministrazione o dell’ente impositore, senza che il concessionario partecipi attivamente a tale processo.
Sul punto anche la Corte di Cassazione ha ribadito, finanche nella pronuncia più recente sul punto, la n. 14669 del 12.07.2005, come la legittimazione del concessionario sussista unicamente qualora vengano contestati specifici vizi relativi alla attività dello stesso, come ad esempio la compilazione della cartella o la notifica della stessa.
In tale caso i rimedi esperibili sono stati individuati, dalla Corte di legittimità, nell’opposizione all’esecuzione ai sensi dell’art. 615 c.p.c., allorché vengano eccepiti vizi relativi alla notifica della cartella o si adducano fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo quale la prescrizione, e nell’opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c., allorchè si contestino aspetti di forma della cartella stessa o si adducano vizi di forma del procedimento esattoriale.
In ordine alla notifica della cartella di pagamento, dove viceversa il concessionario esplica un ruolo attivo nel processo di riscossione esattoriale, si osserva che la materia è regolata dall’art. 26 D.P.R. 602/73 che, in quanto norma speciale, deroga, dove previsto, alle norme in tema di notifica degli atti.
Tale norma prevede che:
 “La cartella è notificata dagli ufficiali della riscossione o da altri soggetti abilitati dal concessionario nelle forme previste dalla legge ovvero, previa eventuale convenzione tra Comune e concessionario, dai messi comunali o dagli agenti della polizia municipale. La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso, la cartella è notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal secondo comma o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda. Quando la notificazione della cartella di pagamento avviene mediante consegna nelle mani proprie del destinatario o di persone di famiglia o addette alla casa, all’ufficio o all’azienda, non è richiesta la sottoscrizione dell’originale da parte del consegnatario.
Nei casi previsti dall'art. 140 del c.p.c, la notificazione della cartella di pagamento si effettua con le modalità stabilite dall'art. 60 D.P.R. 600/73, e si ha per eseguita nel giorno successivo a quello in cui l'avviso del deposito è affisso nell'albo del comune.
Il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell'avvenuta notificazione o l'avviso di ricevimento ed ha l'obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell'amministrazione.
Per quanto non è regolato dal presente articolo si applicano le disposizioni dell'art. 60 del predetto decreto”.
Di recente, la Corte di legittimità ha stabilito che il contenuto della relata di notifica gode del valore di prova privilegiata (sent. n. 13748/2003 e 11452/2003); ciò, probabilmente, al fine di evitare le ipotesi nelle quali colui che aveva ricevuto la notifica dichiarava di non aver sottoscritto l’atto.
 In una recente pronuncia del 2005, e precisamente la sentenza 6270, la Corte ha affermato come l’espressione “persona di famiglia” adoperata nell’art 139 c.p.c. debba essere interpretata in relazione al quadro generale del sistema nel quale, tra le persone a cui può consegnarsi copia dell’atto, è previsto persino il vicino di casa.
Tale espressione deve essere intesa in senso ampio al punto da ricomprendervi anche i familiari la cui presenza in casa non abbia carattere del tutto occasionale, restando a carico di colui che assume di non aver ricevuto l’atto l’onere di provare la mera occasionalità della presenza.
La rateizzazione
L’amministrazione, su richiesta del contribuente, può concedere, nelle ipotesi di difficoltà obiettiva, la ripartizione delle somme iscritte a ruolo in rate, ovvero la sospensione della riscossione per un anno e, successivamente, la ripartizione del pagamento fino ad un massimo di 48 rate mensili. Qualora l’importo sia di notevole entità, il riconoscimento dei benefici è subordinato alla prestazione di garanzia di una polizza fideiussoria o fideiussione bancaria (art. 19 D.P.R. 602/73).
La richiesta di rateazione deve essere presentata prima dell’inizio della procedura esecutiva e, in caso di mancato pagamento della prima rata o di due rate successive, il debitore decade dal beneficio della rateazione e l’intero importo iscritto a ruolo diviene immediatamente riscuotibile in un’unica soluzione e non può più essere rateizzato.
L’attività di riscossione          
La materia è regolata dagli artt. 45 e ss. D.P.R. 602/73.
In tema di riscossione coattiva, il concessionario procede alla riscossione delle somme iscritte a ruolo e, qualora l’attività di riscossione vada svolta al di fuori del proprio ambito territoriale, il concessionario cui è stato consegnato il ruolo, delega in via telematica il concessionario nel cui ambito territoriale si deve procedere, fornendo ogni informazione utile in suo possesso circa i beni sui quali procedere.
Per quanto concerne, poi, le spese relative alla procedura di riscossione, l’art. 47 D.P.R. 602/73 dispone che i conservatori dei pubblici registri mobiliari ed immobiliari eseguono le trascrizioni e cancellazioni dei pignoramenti, le iscrizioni e cancellazioni delle ipoteche richieste dal concessionario, in esenzione da ogni tributo e diritto, e sono altresì obbligati a rilasciare al concessionario, in carta libera e gratuitamente, l’elenco delle trascrizioni ed iscrizioni relative ad i beni da lui indicati.
Le tasse ed i diritti per atti giudiziari dovuti in occasione ed in conseguenza del procedimento di riscossione, sono ridotti alla metà e prenotati a debito per il recupero nei confronti della parte soccombente, quando questa non sia il concessionario (art. 48 D.P.R 602/73).
Il procedimento di espropriazione forzata è regolato dall’art. 49, il quale dispone che per la riscossione delle somme non pagate, il concessionario procede all’espropriazione forzata sulla base del ruolo, che costituisce titolo esecutivo; il concessionario può altresì promuovere azioni cautelari e conservative, nonché ogni altra azione prevista dalle norme ordinarie a tutela del creditore.
Il procedimento è regolato dalle norme processuali civili, in quanto non derogate dalla legge in esame.
L’esecuzione ha inizio quando sia inutilmente decorso il termine di 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento, fatte salve le disposizioni relative alla dilazione e sospensione del pagamento (art. 50).
Ad avviso di chi scrive, tale termine, non è da considerarsi perentorio in quanto non espressamente previsto dalla legge come tale.
Qualora l’espropriazione non inizi entro un anno dalla notifica della cartella di pagamento, questa deve essere preceduta dalla notifica dell’avviso che contiene l’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal ruolo nel termine di cinque giorni.
 Tale avviso, nel quale possiamo ravvisare gli elementi di quello che nel vecchio testo della legge veniva indicato come avviso di mora,abolito dalla riforma del 1999, deve essere redatto in conformità al modello approvato con decreto del Ministero delle finanze e perde efficacia decorsi 180 giorni dalla data della notifica dello stesso.
Il pignoramento perde efficacia qualora siano decorsi 120 giorni senza che sia stato effettuato il primo incanto (art. 53).
 Le opposizioni.
L’art 57, comma 1, del D.P.R. 602/73 stabilisce che :
“Non sono ammesse:
a)                 le opposizioni regolate dall’art. 615 del c.p.c., fatta eccezione per quelle concernenti la pignorabilità dei beni;
b)                 le opposizioni regolate dall’art. 617 del c.p.c. relative alla regolarità formale e alla notificazione del titolo esecutivo”.
Mentre per l’opposizione di terzi, l’art 58 D.P.R. n. 602/73 afferma che:
“L’opposizione prevista dall’art. 619 c.p.c. deve essere promossa prima della data fissata per il primo incanto.
L’opposizione non può essere proposta quando i mobili pignorati nella casa di abitazione o nell’azienda del debitore iscritto a ruolo o dei coobbligati, o in altri luoghi a loro appartenenti, abbiano formato oggetto di una precedente vendita nell’ambito di una procedura di espropriazione forzata promossa dal concessionario a carico del medesimo debitore o dei medesimi coobbligati.
Il coniuge, i parenti e gli affini fino al terzo grado del debitore iscritto a ruolo e dei coobbligati, per quanto riguarda i beni mobili pignorati nella casa di abitazione o nell’azienda del debitore o del coobbligato, o in altri luoghi a loro appartenenti, possono dimostrare la proprietà del bene esclusivamente con atti pubblici o scritture private di data certa anteriore:
a)      alla presentazione della dichiarazione, se prevista e se presentata;
b)      al momento in cui si è verificata la violazione che ha dato origine all’iscrizione a ruolo, se non è prevista la presentazione della dichiarazione o se la dichiarazione non è comunque stata presentata;
c)      al momento in cui si è verificato il presupposto dell’iscrizione a ruolo, nei casi non rientranti nelle ipotesi di cui alle lettere a) e b)”.
Ne discende l’intento evidente del legislatore di salvaguardare i diritti dell’erario alla riscossione da possibili frodi.
Va segnalata una recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 9008/05, con la quale la Corte ha stabilito che la casa di abitazione del debitore defunto può fungere da indice di appartenenza dei beni degli eredi, anche se gli stessi non abbiano stabilito presso tali immobili la propria dimora.
In caso di esecuzione esattoriale, il coniuge rinunciante all’eredità può essere ammesso a provare la sua proprietà sui beni assoggettati all’esecuzione, nei limiti di cui al D.P.R. in esame e, quindi, con il rispetto dei requisiti richiesti dall’art. 58.
In buona sostanza, l’opposizione di terzo potrà essere proposta dal coniuge, dai parenti e dagli affini, soltanto nel caso in cui l’atto che comprovi la proprietà dei beni, da parte degli stessi, sia redatto nelle forme dell’atto pubblico o con scritture private, di data certa anteriore alla presentazione della dichiarazione o nel momento in cui si è verificata la violazione da cui è scaturita l’iscrizione a ruolo, o infine anteriore al momento in cui si è verificato il presupposto dell’iscrizione a ruolo.
Infine il legislatore, a maggior tutela dell’Amministrazione finanziaria, ha affermato come non rientri nei poteri del giudice dell’esecuzione la sospensione del processo esecutivo, salvo che non ricorrano gravi motivi e che vi sia fondato pericolo di grave ed irreparabile danno.
L’espropriazione mobiliare
Il procedimento è regolato dalle norme processuali civili, le quali vengono derogate o integrate dalla sezione seconda del testo di legge in esame, che disciplina le disposizioni particolari in materia di espropriazione mobiliare, stabilendo come i beni mobili indicati dall’art. 514 c.p.c. n. 4 e quindi quelli relativi all’esercizio della propria professione, possono essere pignorati unicamente nel caso in cui siano soggetti al privilegio previsto per i crediti relativi all’imposta sul reddito (art. 62).
Inoltre l’ufficiale della riscossione, colui il quale materialmente dirige il procedimento di riscossione esattoriale, deve astenersi dal pignoramento e desistere dallo stesso, qualora venga dimostrato che i beni appartengono a persona diversa dal debitore iscritto a ruolo, dai coobbligati o dai soggetti prima individuati all’art. 58, quindi il coniuge e gli affini sino al terzo grado, in virtù di titolo avente data anteriore all’anno cui si riferisce l’entrata iscritta a ruolo (art. 63).
Anche in questo caso, come abbiamo già visto nell’opposizione di terzo, il legislatore si è preoccupato di tutelare, al massimo, il credito vantato dall’Amministrazione finanziaria statuendo che la prova inerente la proprietà dei beni possa essere offerta mediante esibizione di atto pubblico o scrittura privata autenticata ovvero di sentenza passata in giudicato pronunciata su domanda proposta prima dell’anno di iscrizione a ruolo del tributo.
Per quanto concerne la custodia dei beni pignorati, di regola, la stessa è affidata allo stesso debitore o ad un terzo, ma non può mai essere affidata al concessionario il quale, comunque ed in ogni tempo, può disporre la sostituzione della custodia (art. 64).
Il verbale di pignoramento, ai sensi dell’art. 65 D.P.R. 602/73,  è notificato al debitore e, nel caso in cui lo stesso o un suo rappresentante assista al pignoramento, la notifica si intende perfezionata mediante consegna di una copia del verbale di pignoramento ai soggetti citati.
Per procedere alla vendita dei beni pignorati il concessionario affigge presso la casa comunale, per 5 giorni consecutivi anteriori alla data fissata per il primo incanto, un avviso contenente l’indicazione dei beni e la descrizione del giorno, del luogo e dell’ora del primo e del secondo incanto.
 Il primo incanto non può avere luogo prima che siano decorsi 10 giorni dal pignoramento. Il secondo non può avere luogo nello stesso giorno indicato per il primo e deve essere fissato non oltre il decimo giorno dalla data del primo incanto.
Su istanza del debitore o del concessionario, il giudice può disporre una forma di pubblicità, “a mezzo giornali” o con altre forme di pubblicità commerciale, per la data degli incanti stessi.
Qualora vi sia il fondato timore di deterioramento dei beni pignorati o qualora la conservazione degli stessi risulti eccessivamente onerosa, il giudice dell’esecuzione può autorizzare il concessionario a procedere all’incanto derogando ai termini sopra menzionati (art. 67).
Per quanto concerne il valore dei beni e del prezzo base del primo incanto, se il valore degli stessi non risulta da listino di borsa o di mercato, il prezzo base del primo incanto è determinato in forza del valore agli stessi attribuito dal verbale di pignoramento.
Tuttavia, quando il concessionario lo richiede e, in ogni caso per oggetti preziosi, il prezzo base è stabilito da uno stimatore (art. 68).
Qualora nel secondo incanto i beni siano stati venduti al miglior offerente ad un prezzo non inferiore alla metà del prezzo base del primo incanto, il concessionario procede alla vendita a trattativa privata sino ad un terzo incanto ad offerta libera. Qualora, poi, i beni risultino ancora invenduti, gli stessi sono messi a disposizione del debitore che dovrà ritirarli nel termine di 15 giorni dalla notificazione dell’invito; decorso inutilmente tale termine gli stessi beni possono essere distrutti o donati, senza liberazione del debitore, ad enti di beneficenza o di assistenza (artt. 69 e 70). 
Ai sensi dell’art. 71, per quanto concerne l’asporto, la custodia e la vendita dei beni mobili sottoposti a pignoramento, il concessionario può avvalersi dell’Istituto Vendite Giudiziarie, la cui remunerazione per le modalità di intervento nelle procedure esecutive è stabilita con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro di grazia e giustizia.
E’ ormai in uso, da parte del concessionario, avvalersi dell’ausilio dell’Istituto Vendite Giudiziarie così come disposto dall’art. 71.
L’espropriazione presso terzi è disciplinata dalla sezione terza dal decreto in esame.
L’art. 72 dispone che l’atto di pignoramento di fitti o pigioni (l’arcaicità del termine è dettata proprio dal tempo di redazione della legge in esame, anche se novellata successivamente con D.lg. 46/99) dovute da terzi al debitore iscritto a ruolo contiene, a differenza di quanto previsto dall’art. 543 c.p.c. (che prevede la citazione del terzo e del debitore a comparire davanti al giudice dell’esecuzione del luogo di residenza del terzo, affinché questi faccia la dichiarazione - mediante la quale deve specificare di quali cose o di quali somme è debitore o si trova in possesso, e quando ne deve eseguire il pagamento o la consegna - e il debitore sia presente alla dichiarazione e agli atti ulteriori), l’ordine all’affittuario o all’inquilino di pagare direttamente al concessionario i fitti e le pigioni scaduti e non corrisposti nel termine di 15 giorni dalla notifica e i fitti e le pigioni a scadere alle rispettive scadenze fino a concorrenza del credito per cui si procede.
Nel caso di inottemperanza all’ordine di pagamento, si procede secondo le norme del codice di procedura civile, previa citazione del terzo intimato e del debitore.
A norma dell’art. 73,se il terzo, presso il quale il concessionario ha provveduto al pignoramento, si è dichiarato possessore di beni appartenenti al debitore iscritto a ruolo o ai coobbligati, il giudice dell’esecuzione ordina la consegna dei beni stessi al concessionario il quale provvederà alla vendita secondo le norme previste per la esecuzione mobiliare.
L’espropriazione immobiliare
La sezione IV, all’art. 76, prevede che il concessionario possa procedere a tale forma di espropriazione se l’importo del credito per cui si procede supera € 3.500,00.
Va detto, però, che il limite può essere aggiornato con decreto del Ministero delle finanze ed il concessionario non procede all’espropriazione immobiliare se il valore del bene, determinato a norma dell’art. 79 (il quale prevede che il prezzo base dell’incanto è pari all’importo stabilito a norma dell’art. 52 comma 4 del T.U. delle disposizioni concernenti l’imposta del registro con decreto approvato con D.P.R. 131/86), e diminuito delle passività ipotecarie aventi priorità sul credito per il quale si procede è inferiore all’importo indicato nel comma 1.
Per quanto concerne l’avviso di vendita, l’art. 78 stabilisce che:
“Il pignoramento immobiliare si esegue mediante la trascrizione, a norma dell’art. 555 c.p.c., secondo comma, di un avviso contenente:
a)      le generalità del soggetto nei confronti del quale si procede;
b)      la descrizione degli immobili con le indicazioni catastali e la precisazione dei confini;
c)      l’indicazione della destinazione urbanistica del terreno risultante dal certificato di cui all’art. 18 della l. 28 febbraio 1985, n. 47;
d)      il giorno, l’ora ed il luogo del primo, del secondo e del terzo incanto, con intervallo minimo di 20 giorni.;
e)      l’importo complessivo del credito per cui si procede, distinto per imposta, per periodo di imposta, per interessi di mora e per spese di esecuzione già maturate;
f)        il prezzo base dell’incanto;
g)      la misura minima dell’aumento da apportare alle offerte;
h)      l’avvertenza che le spese di vendita e gli oneri tributari concernenti il trasferimento sono a carico dell’aggiudicatario;
i)        l’ammontare della cauzione ed il termine entro il quale deve essere prestata dagli offerenti;
j)        il termine di versamento del prezzo di cui all’art. 82, comma 1;
k)      l’ingiunzione ad astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito i beni assoggettati all’espropriazione e i frutti di essi.
Entro cinque giorni dalla trascrizione l’avviso di vendita è notificato al soggetto nei confronti del quale si procede. In mancanza della notificazione non può procedersi alla vendita”.
Il procedimento di espropriazione si estingue se il debitore od un terzo pagano il debito portato dal ruolo, oltre agli accessori e le spese, ovvero esibisce all’ufficiale della riscossione quietanza di avvenuto pagamento.
Almeno 20 giorni prima di quello fissato per il primo incanto avviene l’affissione dell’avviso di vendita, su istanza del soggetto nei confronti del quale si procede o su istanza del concessionario. Il giudice può disporre che sia data notizia degli incanti al pubblico, a mezzo di giornali o con altre idonee forme di pubblicità commerciale (art. 80).
Se la vendita non ha luogo al primo incanto per mancanza di offerte valide, si procede al secondo incanto con un prezzo base inferiore di un terzo a quello precedente e così anche nel caso del terzo incanto (art. 81).
Il versamento del prezzo da parte dell’aggiudicatario deve avvenire nel termine di 30 giorni dall’aggiudicazione.
Se il prezzo non viene versato nel termine, il giudice dell’esecuzione, con decreto, dichiara la decadenza dell’aggiudicatario e la perdita della cauzione. Il concessionario procede ad un nuovo incanto per un prezzo base pari a quello dell’ultimo incanto. Se il prezzo che se ne ricava risulta inferiore a quello della precedente aggiudicazione, l’aggiudicatario inadempiente è tenuto al pagamento della differenza (art. 82).
L’art 83 del decreto in oggetto prevede che se vi è intervento di altri creditori, il concessionario deposita nella cancelleria del giudice dell’esecuzione un progetto di distribuzione delle somme ricavate ed il giudice, qualora non vi siano altri creditori intervenuti, provvede a norma dell’art. 510 c.p.c., 1 comma; in caso contrario, provvede a formare il progetto di distribuzione ai sensi dell’art. 596 c.p.c..
Nel caso in cui il terzo incanto abbia avuto esito negativo, il concessionario chiede al giudice dell’esecuzione l’assegnazione dell’immobile allo Stato per il minor prezzo tra il prezzo base del terzo incanto e la somma per la quale si procede, depositando nella cancelleria del giudice dell’esecuzione gli atti del procedimento.
Il giudice dell’esecuzione dispone l’assegnazione, secondo la procedura di cui all’art. 590 c.p.c., Il termine per il versamento dell’eventuale conguaglio non può essere inferiore a sei mesi. In caso di mancato mancato versamento dell’eventuale conguaglio nel termine, il processo esecutivo si estingue se il concessionario, nei trenta giorni successivi alla scadenza di tale termine, non dichiara, su indicazione dell’ufficio che ha formato il ruolo, di voler procedere ad un ulteriore incanto per un prezzo inferiore di un terzo rispetto a quello dell’ultimo incanto. Il processo esecutivo si estingue comunque se anche tale incanto ha esito negativo. (art. 85).
Il fermo amministrativo e l’ipoteca
Per quanto concerne il fermo dei beni mobili registrati, va detto che il decreto in esame prevede, all’art. 86, che, decorso inutilmente il termine di cui all’art. 50 e quindi quello relativo all’inizio dell’esecuzione, il concessionario possa disporre il fermo dei beni mobili del debitore o dei coobbligati iscritti nei pubblici registri, dandone successiva notizia alla direzione generale delle entrate.
E’ evidente come lo strumento rivesta natura cautelare, e sia atto a tutelare la custodia del credito da parte del concessionario mediante l’iscrizione del provvedimento nei registri.
La risoluzione 92/E del 22.07.2004 dell’Agenzia delle entrate ha, momentaneamente, sospeso tutte le procedure di fermo amministrativo, proprio per ovviare alle varie dispute sorte intorno alla materia in esame; i contribuenti, infatti, ritenevano che la norma non potesse essere applicata in quanto mancante del regolamento di attuazione.
In ordine alla giurisdizione relativa alle controversie insorte, non è ancora pacifica l’attribuzione della stessa ( giudice ordinario o giudice amministrativo).
Da segnalare è la recente pronuncia del Consiglio di Stato del 13.09.2005, n. 4689, la quale ha affermato che la giurisdizione in materia spetta al giudice ordinario.
Infine, per quanto concerne l’iscrizione di ipoteca regolata dall’art. 77, il testo di legge stabilisce come, decorso il termine previsto per l’inizio dell’esecuzione (quindi ricordiamo quello di 60 giorni dalla notifica di pagamento), il ruolo costituisce titolo per iscrivere ipoteca sugli immobili del debitore e dei coobbligati per un importo pari al doppio dell’importo complessivo del credito per cui si procede.
Il comma 2 prosegue stabilendo che, se l’importo complessivo non supera il 5% del valore dell’immobile, il concessionario, prima di procedere all’esecuzione, deve iscrivere ipoteca.
Decorsi 6 mesi dall’iscrizione, senza che il debito sia stato estinto, il concessionario procede all’espropriazione.  Enrico Fronticelli Baldelli

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