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La recentissima giurisprudenza sulla compensazione immotivata delle spese (a cura di Clemente Frascari).
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La giurisprudenza, di legittimità e di merito, con sempre maggior incisività negli ultimi anni, ha confermato il principio secondo il quale la compensazione delle spese di giudizio deve essere assolutamente motivata, così come, tra l’altro, prescritto dall’art. 92, cpc, nella sua nuova formulazione. Ha affermato, tra l’altro, che con le statuizioni di annullamento dell’atto impugnato, con la compensazione delle spese di lite per “giusti motivi”, siamo di fronte, solo astrattamente, ad una pronuncia favorevole per il ricorrente poiché, a causa della stessa “compensazione”, l’iniziativa giudiziaria finirebbe con il rilevarsi particolarmente antieconomica proprio in quanto lo stesso ricorrente, per difendersi, ha dovuto sottrarre tempo alla propria attività lavorativa, rivolgendosi ad un professionista per la propria difesa tecnica. Inoltre, in caso di compensazione delle spese, nonostante il tempo e l’energie spese dal procuratore del ricorrente per difendere il proprio rappresentato, lo stesso si ritrova beffato dalla stessa Autorità Giudiziaria che, pur avendo verificato la piena validità della sua domanda, non statuisce circa le spese di lite, pur se richiesto (in tal senso, v. Cassazione, sentenze nn. 9856/10, 4159/10, 2798/10, 1946/10, 1939/10, 1938/10, 25317/09, 15773/09, 9902/09, 9887/09, 9886/09 e 6489/09; Tribunale di Roma, sentenze nn. 10550/10, 9658/10, 3001/10, 26026/09, 25702/09, 23204/09, 21684/09, 19374/09, 16045/09, 15302/09, 11041/09, 7418/09, 6145/09, 4949/09 e 2508/09).
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Ancora la Cassazione sulle "formule di stile" in caso di compensazione delle spese
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La Seconda Sezione Civile della Cassazione, con ordinanza n. 4159 del 22.2.2010, ritorna a brevissima distanza di giorni sulla questione della compensazione delle spese immotivata o con motivazione illogica e con formula di stile. Nella presente fattispecie ha cassato una sentenza del Tribunale di Roma che, accogliendo l’appello ex art. 22, L. 689/81 in materia di violazione del codice della strada, aveva compensato le spese tra il cittadino ricorrente ed il Comune di Roma “…in considerazione dei termini della vicenda” (questa la motivazione). Dalla mera lettura dell’art. 92, cpc, nuova formulazione, emerge con evidenza l’intento del Legislatore di ridurre il numero delle ipotesi in cui il Giudice potrà utilizzare il potere compensativo, intento che viene esplicitato attraverso una descrizione sempre più dettagliata delle fattispecie in presenza delle quali è lecito ricorrervi. Infatti dall’occorrenza di giusti motivi (che, se vogliamo, è essa stessa espressione integrante mera clausola di stile) si passa all’occorrenza di gravi ed eccezionali ragioni (clausola di stile anch’essa), proprio proprio per sottolineare la residualità estrema delle ipotesi in cui ciò potrà avvenire. Questa nuova pronuncia è la conferma di quanto affermato (anche dallo stesso Tribunale di Roma, in sede di appello) con numerosissime sentenze nel corso degli ultimi anni.(a cura di Clemente Frascari)
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Patrocinio a spese dello Stato: risoluzione dell'Agenzia delle Entrate
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L'Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 159/E del 15.6.2009 ha stabilito che nel calcolo della soglia minima di reddito necessaria per essere ammessi al patrocinio a spese dello Stato, la deduzione per assicurare la progressività dell’imposta debba essere considerata alla stregua dei redditi esenti da IRPEF che, secondo l’art. 76 del D.P.R n 115 del 2002, concorrono alla determinazione del relativo ammontare, mentre devono ritenersi deducibili esclusivamente gli oneri di cui all’art. 10 del TUIR i quali, nella previgente normativa come in quella attuale, vengono riconosciuti, in considerazione della loro valenza morale e sociale, per la capacità di incidere sulla situazione personale del contribuente, a prescindere dal sistema di determinazione dell’imponibile e dell’imposta |
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La Cassazione sanziona la compensazione immotivata (a cura di Clemente Frascari)
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La Corte di Cassazione, Sezione Seconda, con le recenti sentenze nn. 9886 e 9887 del 27.4.2009 e 15773 del 3.7.2009 ha nuovamente confermato il principio secondo il quale la compensazione delle spese di giudizio deve essere assolutamente motivata, così come, tra l’altro, prescritto dall’art. 92, cpc, nella sua nuova formulazione.
La Suprema Corte ha affermato che con le statuizioni di annullamento dell’atto impugnato, con la compensazione delle spese di lite perché “…sussistono giusti motivi”, siamo di fronte, solo astrattamente, ad una pronuncia favorevole per il ricorrente poiché, a causa della stessa “compensazione”, l’iniziativa giudiziaria finirebbe con il rilevarsi particolarmente antieconomica proprio in quanto lo stesso ricorrente, per difendersi, dovrebbe sottrarre tempo necessario alla propria attività lavorativa, rivolgendosi ad un professionista per la propria difesa tecnica. Prosegue la Corte affermando che, in caso di compensazione delle spese, nonostante il tempo e l’energie spese dal procuratore del ricorrente per difendere il proprio assistito, nonché il comportamento vessatorio dell’Amministrazione, che a volte non si costituisce neppure in giudizio, il ricorrente stesso si ritrova beffato dalla stessa Autorità Giudiziaria che, pur avendo verificato la piena validità della sua domanda, non statuisce circa le spese di lite. Si deve dire, tra l’altro, che detto principio viene oramai affermato anche dalla prevalente giurisprudenza del Tribunale Civile di Roma.
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L’avvocato che non raggiunge il risultato promesso non ha diritto al compenso pattuito (a cura di Clemente Frascari)
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Con la sentenza n. 230 dell’11 gennaio 2010, la Suprema Corte (Sezione Seconda Civile) ha affermato un principio importante in tema di qualificazione giuridica dell’obbligazione che il professionista, e segnatamente l’avvocato, assume nei confronti del proprio cliente.
Nella fattispecie in esame, oggetto del mandato professionale è espressamente l’impegno, assunto dall’avvocato, di far ottenere al cliente un determinato risultato utile in cambio di un determinato compenso dovuto, pertanto, in ragione dell’effettivo raggiungimento del risultato stesso.
L’ipotesi negoziale di riferimento, che si verifica spesso nella pratica, diverge dallo schema tipico del mandato professionale, in cui il cliente affida all’avvocato il compito di svolgere l’attività prodromica al raggiungimento del risultato auspicato, obbligandosi a corrispondere al professionista i compensi per l’attività svolta ed indipendentemente dal risultato.
A ben vedere, l’ipotesi in esame non è assimilabile neppure al c.d. patto quota lite, ossia l’accordo con cui professionista e cliente rivolto commisurano i compensi dovuti all’utilità patrimoniale derivata al cliente per effetto dell’attività svolta dall’avvocato. Anche in una simile evenienza, l’obbligazione assunta dal professionista è pur sempre quella di compiere tutta l’attività necessaria in vista del conseguimento del risultato utile auspicato al cliente, mentre la “deviazione” rispetto allo schema tipico opera limitatamente al quantum del compenso esigibile, suscettibile di essere, al limite, azzerato in caso di mancato conseguimento di qualsiasi risultato economicamente apprezzabile.
Nel caso in esame, invece, la peculiarità consiste nel fatto che l’oggetto dell’obbligazione del professionista è proprio quello di raggiungere il risultato. Qui, in altri termini, l’avvocato si impegna specificamente a far conseguire al cliente il risultato voluto, sicché il diritto al compenso, inteso in termini di controprestazione a carico del cliente, è causalmente collegato alla realizzazione di tale risultato e sorge se, e solo se, il risultato stesso sia effettivamente raggiunto.
Le parti, nel libero esercizio della loro autonomia contrattuale, così, costruiscono e pongono a carico del professionista una obbligazione non più “di mezzi” ma “di risultato”, con tutte le conseguenze che ne derivano sotto il profilo dinamico e della patologia del rapporto. Il mancato raggiungimento del risultato si risolve in un’ipotesi di “non adempimento” dell’obbligazione assunta, con il corollario della perdita del diritto al compenso.
Certo, la mancata realizzazione del risultato può dipendere da fattori estranei alla sfera di controllo e dalla volontà del professionista-debitore, ma una simile circostanza potrà rilevare soltanto ai fini dell’eventuale esclusione di una responsabilità risarcitoria dell’avvocato, qualificando in termini di non imputabilità il mancato adempimento, ma non varrà a far, in qualche modo, surrettiziamente rivivere il diritto a conseguire il compenso.
La Corte di Cassazione, nella sentenza in oggetto, riconosce piena legittimità giuridica ad un simile schema negoziale, stabilendo che se il rapporto professionale che lega l'avvocato al cliente comporta, di norma, una obbligazione di mezzi e non di risultato, con la conseguenza che la prestazione vada retribuita a prescindere dall’esito conseguito, nulla vieta tuttavia che il mandato possa avere specificatamente ad oggetto il conseguimento di un determinato risultato, con la conseguenza che, in questo caso, il compenso pattuito è dovuto solo in caso di effettivo raggiungimento del risultato promesso.
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COME SOSTENERE NELLA COMPARSA CONCLUSIONALE LA RICHIESTA DEL RIMBORSO DELLE SPESE DI LITE
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25.03.09. di Federico Bucci.
Alla fine di ogni scritto difensivo conclusivo della causa (comparsa conclusionale in un procedimento ordinario, note autorizzate in un procedimento laburistico, ecc.) quale viatico per il giudice per affrontare la lettura della nota specifica delle prestazioni e dei relativi compensi dei quali chiedere il rimborso, uso trattare il tema in un apposito capitolo, con espressioni che di seguito esemplifico (espressioni tratte dalla comparsa conclusionale di una causa in cui assistevo un Collega):
Il rimborso delle spese di lite
In generale: un problema ricorrente
Il presente paragrafo costituisce il necessario corollario del tema della causa, come in ogni causa, dovendosi affrontare anche l’argomento del rimborso delle spese di lite, con lo stessa scrupolosa aderenza alla legislazione vigente: art 92 del codice di procedura civile e art 2 , comma 2, del c.d. Decreto Bersani, d.l. 4 luglio 2006, n 223, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n 248 che ha appunto aggiunto il detto secondo comma dell’originario art 2 del decreto legge.
L’argomento è assai più delicato - per i rapporti interni tra la parte in causa ed il suo patrono - di quanto, si deve presumere, un Magistrato possa immaginare: peraltro, è responsabilità degli Avvocati che i Giudici ignorino la devastante portata del problema, con il suo carico di delusione, dispetto o sospetto della parte vittoriosa che non si vede rimborsata di quanto il suo patrono pretende per compenso ai sensi della cogente tariffa forense. Spesso, per una ingiusta liquidazione nelle sentenze delle spese di lite da rimborsare si generano ulteriori contenziosi tra avvocati e clienti, con ulteriore aggravio del carico di cause, evitabile se venissero doverosamente (o, meglio, obbligatoriamente per legge) applicate le tariffe forensi.
Con le tariffe forensi lo Stato - attraverso varie leggi oltre elencate ed i decreti regolamentari del Ministro della Giustizia - stabilisce un occhiuto calmiere per le pretese dei professionisti forensi (nei casi in cui non sussista la prevalenza dell’accordo tra le parti, privilegiato dall’art 2233 c.c. sul compenso del lavoro autonomo).
Invero, le tariffe forensi in materia civile, ai sensi della legge 7 novembre 1957, n 1051, richiamante l’art 1 della legge 3 agosto 1949, n 536, vengono doverosamente deliberate ogni due anni dal Consiglio Nazionale Forense (organo giurisdizionale che, in materia tariffaria ha funzioni amministrative), nonché sottoposte al parere del Comitato Interministeriale Prezzi ai sensi dell’art 14, comma 20, della legge 22 dicembre 1984, n 887, sottoposte del Consiglio di Stato (così con possibilità di rilievi, anche della Corte dei Conti) ed infine approvate con decreto regolamentare del Ministro della Giustizia, con ritardi complessivi di sei anni (tra la tariffa del 1994 e la successiva del 2004 ne sono passati addirittura dieci).
Sebbene non siano state così citate tutte le restrittive disposizioni regolanti le tariffe forensi (quale l’obbligo di trasmettere preventivamente la proposta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, tanto per un “amichevole” controllo in più), il riferito quadro normativo - anche soltanto accennato per date e numeri - dimostra a qualunque persona normale che gli avvocati errano ad invocare quasi con disperazione l’applicazione delle tariffe forensi - applicazione negletta, in gran parte proprio per colpa loro, dai Giudici - poiché le tariffe sono state ridotte, dalle norme sopra accennate, ad un feroce calmiere, con rigida previsione per scaglioni di valore delle pratiche, calmiere che neppure insegue l’aumento del costo della vita e che viene aggiornato con deliberato (abusivo), cronico ritardo di anni.
Nel caso in esame, la parte rappresentata e difesa dal sottoscritto è un avvocato, sicché non si pone qui il caso di dover valorizzare agli occhi del cliente l’opera difensiva e procuratoria, poiché l’interessato ben comprende come stiano le cose per la propria esperienza professionale.
Peraltro, si è ritenuto di dover cogliere questa occasione di dialogo con il Giudice, che risponderà con la sentenza, per affrontare il discorso sul metodo, indipendentemente dalla consonanza dell’avvocato rappresentato con il proprio sottoscritto patrono.
Invero, raramente la parte vittoriosa - sfiduciata verso una giustizia poco coerente nel dargli bensì ragione, ma rimborsandolo inadeguatamente rispetto alla pretesa tariffaria (così già ferocemente calmierata, per come già si è detto al riguardo) del proprio avvocato - raramente dunque la parte vittoriosa consente all’avvocato il ricorso contro la liquidazione giudiziale delle spese rimborsande: ad onor del vero (e della giustizia) sempre la Corte Suprema ha affermato che il giudice di merito non può negligere la liquidazione anche di una sola voce della nota specifica (depositata dal procuratore della parte rimborsando) senza specifica motivazione punto per punto, voce per voce.
Dall’estate del 2006 con il detto Decreto Bersani, nella disposizione aggiunta dalla legge di conversione (secondo comma dell’art 2: “il giudice provvede alla liquidazione delle spese di giudizio e dei compensi professionali, in caso di liquidazione giudiziale e di gratuito patrocinio, sulla base della tariffa forense” ) si è sancito che le assolutamente inadeguate tariffe forensi (il detto feroce calmiere) sono la base della liquidazione dei compensi professionali, onorari difensivi e diritti di avvocato.
Il detto provvedimento legislativo è stato promosso con l’etichetta politica di “castiga professionisti”, ma almeno ha ribadito che il Giudice ha obbligo legale di applicare la tariffa forense (proprio perché è noto - anche a livello politico - che è un calmiere).
La tariffa forense (approvata con decreto ministeriale regolamentare l’8 aprile 2004) è scaduta già due anni dopo (ai sensi dell’art 1 della legge 3 agosto 1949, n 536, richiamato per la materia giudiziale civile dall’articolo unico della legge 7 novembre 1957, n 1051), sicché sono ancora ingiustamente in vigore le tabelle che avrebbero dovuto essere aggiornate l’8 aprile 2006. Amen.
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In particolare, nel caso di specie
Tanto premesso sul tema generale della applicabilità ancora della tariffa forense 2004, va rilevato il valore della causa, che dovrebbe essere costituito dal cumulo dei petita partium:
-la parte attrice in primis ha chiesto ................. ;
-la stessa attrice ha chiesto altresì ................ ;
-la medesima attrice ha infine chiesto, subordinatamente, ............. ;
-il convenuto, da parte sua, ha chiesto ............. ;
-lo stesso convenuto ha chiesto .............. ;
-entrambe le parti hanno chiesto il rimborso delle di spese di lite, che però non compongono l’insieme dei petita, essendone un accessorio.
Conseguentemente, si può ritenere che il cumulo delle domande attrici e di quelle convenute costituisca il valore della pratica in euro ...............,...
Con la nota specifica che si produrrà (nel termine legale di scadenza di deposito della memoria di replica) si riporterà il rendiconto delle prestazioni difensive, delle prestazioni di rappresentanza, delle spese specifiche e l’importo forfetario delle spese generali, oltre agli accessori conseguenti per legge (rimborso della maggiorazione del contributo integrativo previdenziale forense, da qualcuno chiamato assurdamente “cap”, oltre l’iva), con i relativi importi.
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LE RAGIONI DELLA PREFERIBILITÀ DI NORMA DELLA TARIFFA ORARIA
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14.04.09. di Federico Bucci.
Ho spesso esaminato i testi convenzionali usati nel mondo legale anglosassone per regolare il compenso professionale secondo il tempo impiegato per svolgere le prestazione professionali, ma mi permetto di preferire il metodo che con il tempo ho elaborato io e del quale do conto qui di seguito (e che già avevo illustrato sulla rivista La Previdenza Forense, nel numero 2/1993).
L’obbligo impostoci dal c.d. Decreto Bersani di stipulare accordi scritti con i clienti nel caso si intendesse derogare alla tariffa forense, rende utile considerare la possibilità di stabilire un compenso commisurato al tempo dedicato ad una pratica (o ad un numero interminato di pratiche), pattuendo il criterio di commisurazione ed i relativi compensi orari.
Già l’art 2233 del codice civile antepone l’accordo tra il professionista ed il cliente alla soluzione tariffaria, ma se un tale accordo non sia stato stipulato, l’avvocato, dimentico della lunga serie di prestazioni specifiche svolte, trova comodo ricorre alla tariffa forense, le cui voci certamente comprendono le principali attività svolte.
Tale apparente “comodità” fa perdere molto di quanto fatto per il cliente e, se la causa è stata perduta, spesso si deve ricorrere a procedure di recupero, lunghe, costose ed imbarazzanti, che per non ho bisogno di svolgere (anche se debbo assistere molti Colleghi che si trovano a dover agire per il recupero di un loro credito professionale, per la rozza ignoranza, o l’ingratitudine del cliente, nei confronti del quale non si erano preliminarmente tutelati).
Il metodo della convenzione per compenso orario, poco usato nel nostro Paese, prevede una periodicità delle note specifiche delle prestazioni, sicché il professionista può agevolmente elencarle tutte (nell’immediatezza del loro svolgimento) ed il cliente se ne può rendere conto facilmente, essendo la pratica in corso.
Con tale metodo il cliente pagherà, man mano, poco ma spesso, mentre tante pratiche svolte con questo metodo assicurano costante liquidità (ormai indispensabile per la gragnuola di pagamenti cui siamo soggetti) e non alti incassi saltuari, se non addirittura eventuali (se insorge la morosità del cliente che ha perso la causa, o lo stesso è caduto in obbiettive difficoltà economiche prima della conclusione della pratica).
Potrei diffondermi a lungo sui vantaggi del metodo: mi limito qui a citarne alcuni.
L’omogeneità del compenso orario risponde ad equità, oltre ad appagare la dignità ed il decoro professionale; esso inoltre è conveniente per pratiche di minimo e medio valore, mentre, nella mia convenzione, è previsto che, per pratiche di particolare importanza, vengano disposte deroghe.
La predeterminazione dei compensi, nota al cliente, evita non soltanto polemiche, ma anche le più rare, quanto antipatiche, richiesta di pignoli di esaminare le tariffe forensi, peraltro non di immediata comprensione per i profani.
Con la tariffa oraria un cattivo cliente si perde sùbito, dopo un trimestre di lavoro ed è meglio così, senza attendere la morosità, dopo anni, alla fine di tanta fatica.
Con questo metodo non ho avuto problemi di recupero di crediti, ma se mai sorgessero, per l’automaticità del meccanismo non occorre l’apprezzamento di congruità del Consiglio dell’Ordine; comunque può essere prevista una clausola arbitrare nel testo della convenzione con il cliente.
Alla fine delle cause occorrerà sempre redigere le note specifiche secondo la tariffa forense (ora obbligatoria per legge per il giudice, secondo il detto Decreto Bersani al secondo comma dell’art 2 inserito con la legge di conversione del 4.8.2006, n 248), per il chiedere il rimborso in favore del cliente che noi postuliamo vittorioso, ma noi saremmo stati già pagati da tempo e man mano.
Un beneficio “estetico” è dato dalla mancata specificazione mercenaria degli importi a fianco delle prestazioni descritte nella nota specifica, sostituita dall’indicazione della durata oraria: gli infimi importi dei diritti di avvocato della tabella B della tariffa forense ci discreditano, mentre gli importi degli onorari possono apparire eccessivi al cliente, che fosse infine scontento (la gratitudine dura 24 ore).
L’unicità della specificazione oraria (con gli importi specificati soltanto alla fine della detta nota, in un riepilogo delle ore moltiplicato per gli importi unitari) evita penose perplessità nel cliente sprovveduto (o preteso tale) che - con la tariffa forense - non si spiega la specificazione sia degli onorari, sia dei diritti.
Per mia esperienza, oltre ad evitare la morosità dei clienti, la redditività del mio metodo orario è stata maggiore, oltre che più equilibrata, rispetto al metodo tariffario.
Per applicare il sistema della tariffa oraria non occorre imparare linguaggi nuovi: semplicemente si descrivono le prestazioni nel solito modo (ne offro qui, più oltre, una esemplificazione, ma gli importi possono essere ovviamente modificati, così la periodicità delle note specifiche, pur non essendo consigliabile renderle meno frequentemente ).
Poiché il metodo che menziono è il mio, non mi sono indotto ad autogratificanti espressioni di elogio, ma più sommessamente sono in coscienza convinto di rendere un buon servigio al lettore offrendo queste informazioni.
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TESTO DI UNA POSSIBILE CONVENZIONE-TIPO
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14.04.09. di Federico Bucci.
Convenzione per compenso professionale a tariffa oraria 2009
Criteri di computo per le principali voci di prestazioni
Con riferimento all’art 2233 del codice civile ed all’art 2, secondo comma
del d.l. 4.6.2006, n 223 (c.d. decreto Bersani), convertito in legge dalla legge 4.8.2006, n 248, si convengono che le prestazioni rese dall’Avv Federico Bucci siano compensate secondo le seguenti disposizioni.
“Ore Senior”
Tale voce è relativa al compenso per l’assistenza (sia stragiudiziale, sia giudiziale, difensiva e rappresentativa) e per la consulenza legale. Nella nota specifica (che sarà resa con la periodicità oltre indicata) saranno esposte le ore di ciascuna attività svolta (valendo comunque convenzionalmente come ora la effettiva frazione di ora).
A titolo esemplificativo si precisa che tale compenso è relativo:
-all’esame e studio di pratiche;
-alla disamina di documenti;
-a conferenze (anche telefoniche), se non limitate a mera informativa, per la trattazione individuale o collegiale della pratica con il cliente, persona fisica o con rappresentanti, dirigenti o funzionari della persona giuridica, ovvero con controparti, in studio o fuori studio;
-alla redazione di scritti difensivi, pareri, atti negoziali, istanze o particolari corrispondenze;
-alla assistenza alla negoziazioni ed alla stipulazione di statuti, regolamenti, contratti, promemoria e simili;
-alla partecipazione ed assistenza ad udienze, interrogatori, deposizioni testimoniali, tentativi di conciliazione, sopralluoghi, esperimenti e simili.
L’indicazione “segue” posta nella nota specifica in luogo dell’ora rinvia alal prima successiva specificazione oraria: tale indicazione varrà quale cortese rinuncia in favore del cliente alla puntuale fattura di una frazione di ora per al specificata prestazione relativa.
Per l’annualità 2009 le “ore senior” saranno fatturate ad euro 300,00 imponibili ciascuna.
“Ore Junior”
Voce relativa a prestazioni non di assistenza e rappresentanza sopra indicate e - specificamente - riferibili all’orario di trasferte e vacazioni, deposito o ritiro di atti o documenti, alla corrispondenza informativa scritta o telefonica, per posta elettronica o simili, alla compilazione di note specifiche, progetti di fattura, alla collazione degli scritti, alle richieste di copie e di notificazioni, a traduzioni, a prestazioni simili o assimilabili.
Per l’indicazione “segue” si rinvia a quanto sopra precisato.
Per l’annualità 2009 le “ore Junior” saranno fatturate ad euro 100,00 imponibili ciascuna.
Scritturazione e trasmissione
Le spese di scritturazione di ogni facciata (escluse le fotocopie rientranti nelle spese specificande) saranno fatturate ad euro 2,50 in lingua italiana e ad euro 3,50 in lingue estere. Gli stessi importi saranno applicati per le spese di trasmissione per telefax o posta elettronica. Per la trasmissione di immagini o videoconferenze sarà applicato forfetariamente per le spese l’importo di 10,00 al minuto.
Spese generali
Oltre al rimborso delle spese specificande e per le quali non si esigerà una prova rigorosa (come per locomozioni, pedaggi autostradali, taxi, posteggi, vitto, diritti di Cancelleria, di notificazione, collazione, ecc.), il rimborso delle spese generali dello studio (non specificate) sarà calcolato forfetariamente al 12,50 % imponibile delle voci “ore Senior” e “ore Junior”.
Periodicità delle note specifiche
Le note specifiche ed i relativi progetti di fattura saranno rimessi, oltre che - a saldo - alla conclusione di ogni pratica, anche - possibilmente - ogni trimestre per aggiornamento ed evasione contabile: una frequenza maggiore potrà essere raccomandata da esigenze di chiarezza nel caso di intenso cumulo di prestazioni.
Termine di pagamento delle prestazioni
I progetti di fattura dovranno essere evasi dal cliente - con bonifico sul conto indicando - entro i 15 giorni successivi al loro ricevimento (a mezzo di plico raccomandato con a.r., ovvero a mezzo telefax, ovvero posta elettronica): il mancato pagamento comporterà la risoluzione del rapporto di mandato con interruzione delle prestazioni, mentre sull’importo dovuto decorreranno gli interessi al tasso legale dal predetto termine di scadenza.
Collaborazione per la revisione contabile
In conseguenza del mandato professionale lo Studio collaborerà con i revisori dei conti indicati dal cliente, fornendo loro le informazioni su controversie e potenziali attività e passività, oltre che sui costi legali non ancora fatturati.
Responsabilità dello Studio
Ferma restando la discrezionalità del titolare dello Studio, o degli associati, di avvalersi dei propri collaboratori per ogni prestazione, resta altrettanto confermata la responsabilità oggettiva dei primi eventualmente solidale con quella del professionista incaricato della pratica all’interno dello Studio.
Validità temporale
Gli importi sopra indicati saranno validi dal 1°.01.2009 al 21.12.2009; salve espresse pattuizioni novative, essi saranno aumentati del 3% per ciascuna delle annualità successive.
Deroghe alla Tariffa Oraria
Per pratiche di particolare importanza, potranno convenirsi derighe alal presente tariffa oraria.
Subordinata applicabilità di tariffe forensi
Se per qualunque ragione, di fatto o di diritti, non potesse applicarsi la presente tariffa oraria, sarà da applicare la tariffa forense sia per gli onorari nelle misure dei 2/3 degli importi massimi, sia per i diritti di avvocato negli importi fissi.
Autorizzazione al trattamento di dati personali
Il cliente dichiara di essere stato reso edotto delle protezioni, dei diritti e facoltà relativi alla vigenti disposizioni sul trattamento dei propri dati personali, con particolare riferimento ai dati sensibili, autorizzandone l’utilizzazione al titolare dello Studio, suoi associati e collaboratori per i finii connessi all’incarico professionale di rappresentanza, assistenza stragiudiziale e giudiziale e di consulenza.
Roma,
_F.to__________________________ _F.to_____________________________
Per espressa accettazione della clausola di risoluzione espressa del rapporto di mandato, con interruzione delle prestazioni professionali, nel caso di mancato pagamento entro il termine di 15 giorni dal ricevimento del progetto di fattura.
_F.to__________________________ _F.to_____________________________
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IL PROCEDIMENTO PER LA LIQUIDAZIONE IN CAMERA DI CONSIGLIO
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14.04.09. Il procedimento per la liquidazione in camera di consiglio, con ordinanza non impugnabile, delle spettanze al patrono
di Federico Bucci
Si tratta del procedimento regolato dall’ art 28 e seg della legge 13.6.1942, n 794, al quale si può ricorrere rivolgendosi al capo dell’Ufficio giudiziario che ha trattato il procedimento di merito (per le spettanze relativa ad un procedimento svolto dinanzi alla Corte di Cassazione il ricorso si propone, recedendo, alla Corte di Appello), dopo la conclusione del rapporto di mandato giudiziale (dunque non si può ricorrere a tale procedimento per una opera professionale stragiudiziale).
Il procedimento è previsto con rara snellezza, ma l’iter si complica se il convenuto si costituisce resistendo al ricorso per la liquidazione delle spettanze al suo ex patrono, non limitandosi a contestare il quantum preteso dal ricorrente, ma contestando addirittura l’an debeatur (ho appreso di un caso in cui il cliente si oppose al ricorso camerale, deducendo di aver posto una firma su un figlio in bianco in mani di un perito e così ignorando che il foglio fosse poi passato ad un avvocato).
In tali casi non può procedersi ulteriormente con tale speciale procedimento ed il rito deve essere cambiato in quello ordinario, per svolgere la controversia nel merito.
A parte tali incidenti, si può raccomandare l’utilizzazione del procedimento speciale (in alternativa al procedimento monitorio) che, a parte i tempi biblici della amministrazione della giustizia romana, è comunque rapido, nella sua struttura semplicissima, che si conclude con una ordinanza non impugnabile (al di là della teorica impugnabilità comunque di ogni provvedimento dinanzi alla Corte di Cassazione, come prevede la nostra Costituzione).
Tra i "Documenti" troverete il testo di un ricorso che ho redatto per un Collega penalista che aveva ottenuto al suo cliente l’indennizzo per la ingiusta detenzione, ma poi il cliente non aveva onorato il suo debito di gratitudine. Accompagno altresì di seguito tra i "Documenti" la relativa nota specifica dei compensi per il detto procedimento, segnalando che la redazione di tale notula è minimizzata essendo essa già totalizzante un importo complessivo elevato in relazione al valore del procedimento stesso.
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