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3 ARTICOLI SULLA MEDIAZIONE
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Mediaconciliazione: il Tar rimette la questione alla Corte Costituzionale
Il TAR del Lazio, con una compendiosa ordinanza, ha sospeso il giudizio ed ha rimesso alla Corte Costituzionale la decisione sulle eccezioni sollevate dai ricorrenti.
Vai al testo integrale dell'ordinanza
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Mediaconciliazione: il Tribunale di Prato rileva l'improcedibilità e assegna un termine per l'inizio del procedimento di mediazione
Nelle controversie previste dall'art. 5 D.Lgs. n. 28 del 2010, ove non sia stato preliminarmente esperito il procedimento di mediazione, il giudice rileva l'improcedibilità dell'istanza attorea e, contestualmente, assegna un termine per la presentazione della domanda di mediazione ai sensi del predetto decreto legislativo, fissando l'udienza nel rispetto del termine dell'art. 6 del medesimo d.lgs. 28/2010.
In particolare, il Tribunale di Prato, rilevata l'applicabilità del co. 1 dell'art 5 D.Lgs. 28/2010, sottolinea che a prescindere dalla qualificazione normativa in termini di “improcedibilità” della sanzione processuale correlata al mancato esperimento della procedura di mediazione, sotto un profilo sostanziale non vi è luogo ad emettere un formale provvedimento di improcedibilità, dovendosi invece assegnare un termine per l’inizio del procedimento di mediazione, con contestuale fissazione dell’udienza (…) per una data successiva alla scadenza del termine di quattro mesi previsto dall’art. 6, comma 1, del D.Lgs. 28/2010 (che nel caso di specie risulterà decorrere dal termine di quindici giorni assegnato dal giudice - ai sensi del secondo comma del predetto art. 6).
VAI al testo integrale del decreto
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Cari-cari Colleghi, Amici miei,
per difenderci dall'accusa di contrastare egoisticamente la mediazione (e tutti quelli che lucreranno su cittadini, avvocati e mediatori) occorre tenere le carte eloquenti a portata di mano.
Per questo -contro demagogia e malafede- mi permetto di invitarvi a leggere il contenuto dei due allegati che consentono di aprire gli occhi, sia ai cittadini, sia a coloro che si sono illusi di guadagnare dignitosamente con il nuovo ruolo di mediatori, mentre i conti li disilluderanno.
Vendiamo cara la pelle.
Viva noi.
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NOTIFICHE IN PROPRIO DEGLI AVVOCATI
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A disposizione dei Colleghi pubbliachiamo il vademecum a cura di Paolo Voltaggio e Clemente Frascari |
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Se il difensore non indica il proprio codice fiscale nell’atto giudiziario, tale comportamento non può essere tradotto in una ipotesi di nullità (a cura di Clemente Frascari).
E’ ciò che viene affermato nella recentissima ordinanza del Tribunale di Varese, Sezione Prima Civile, Dr. Buffone, del 16.4.2010, nella quale si legge, altresì, che “…in caso di omessa indicazione del codice fiscale il giudice non deve pronunciare la nullità dell’atto, ma potrebbe tutt’al più limitarsi alla sollecitazione di una condotta atta a rimuovere una simile irregolarità”. Il D.L. n. 193 del 29.12.2009, concernente “Interventi urgenti in materia di funzionalità del sistema giudiziario”, convertito nella L. n. 24 del 22.2.2010, ha apportato rilevanti modifiche al nostro codice di procedura civile. Tale normativa ha, infatti, modificato gli artt. 125, 163 e 167, cpc, specificando la necessità di indicare negli atti giudiziari il codice fiscale non solo delle parti - attore e convenuto - ma anche dell’avvocato firmatario dell’atto. In relazione alla produzione del codice fiscale negli atti dei difensori, come previsto dalla normativa di modifica del nostro sistema, nella sentenza in commento si legge testualmente che “la grave sanzione della nullità, per l’omessa indicazione del codice fiscale, costituirebbe anche un’aporia nella teoria generale delle nullità processuali. Il codice fiscale, infatti, ha la precipua funzione di identificare in modo univoco a fini fiscali le persone residenti sul territorio italiano (iscrivendo, dunque, il contribuente nel registro dell’anagrafe tributaria, v. decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 605 e d.P.R. 2 novembre 1976, n. 784). Esso, pertanto, non afferisce ai rapporti tra le parti o tra il giudice e le parti ma alla relazione tra queste ultime e l’amministrazione finanziaria, cosicché la violazione di una norma che disciplina un rapporto estraneo al processo non può riverberare i suoi effetti sul procedimento”.Nella segnalata ordinanza il Giudice, ricordando la giurisprudenza tributaria sulla omessa indicazione del codice fiscale e sulle irregolarità meramente formali, ha precisato che “…non può essere sanzionata con la nullità processuale l’omessa indicazione del codice fiscale, ma con le sanzioni speciali previste dalla legislazione vigente”.
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Anche alla notifica effettuata personalmente dall’avvocato (ex art. 3 della l. n. 53/94) si applica il principio secondo cui la stessa si perfezione, per il notificante, al momento della consegna del plico all'ufficiale giudiziario (a cura di Clemente Frascari).
Con la sentenza n. 2055 del 13.4.2010, il Consiglio di Stato, Sezione Sesta, ha confermato che il principio generale affermato dalla Corte Costituzionale con la nota sentenza n. 477 del 26.11.2002, in tema di momento perfezionativo della notifica per posta, poi trasfuso nell’art. 149 cpc (al quale è stato aggiunto - con la legge 28 dicembre 2005, n. 263, art. 2, comma 1, lettera e) - il seguente comma: “la notifica si perfeziona, per il soggetto notificante, al momento della consegna del plico all'ufficiale giudiziario e, per il destinatario, dal momento in cui lo stesso ha legale conoscenza dell'atto”), si applica anche alle notifiche effettuate dagli avvocati per mezzo del servizio postale, a norma dell'art. 3 della legge 21 gennaio 1994, n. 53. Si tratta di una importante chiarificazione dopo che negli ultimi tempi il TAR Piemonte con le decisioni nn. 431/2009 e 1018/2009 (ma, contra, v. TAR Veneto, decisione n. 2393/2009) ed il Tribunale di Cassino, con ordinanza del 2.12.2009, avevano affermato il “pericoloso” principio secondo cui, se la notifica veniva richiesta direttamente dall’avvocato, essa si perfezionava non con la consegna all’ufficio postale, ma con la successiva consegna del plico da parte dell’agente postale al destinatario.
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L'avvocato ha diritto al rimborso automatico delle spese forfetarie anche se non le ha espressamente richieste al Giudice
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Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, Seconda Sezione Civile, con la sentenza n. 8660 del 12 aprile 2010, con la quale ha accolto il ricorso di un avvocato proposto avverso la decisione resa dal Tribunale di Ferrara che non aveva condannato la controparte al rimborso forfettario delle spese generali sugli importi liquidati a titolo di compenso professionale. Accogliendo il gravame la Corte ha affermato che “…il rimborso delle spese forfetarie consegue per legge, sicché spetta al professionista automaticamente anche a prescindere da una specifica richiesta”. Non solo. Nelle stesse motivazioni i giudici hanno inoltre chiarito che “…in tema di liquidazione degli onorari professionali a favore dell'avvocato, l’articolo 6 della tariffa trova applicazione soltanto in riferimento alle cause per le quali si proceda alla determinazione presuntiva del valore in base a parametri legali e non pure allorquando, come nella specie, il valore della causa sia stato in concreto dichiarato, dovendosi utilizzare in tale situazione il disposto dell'articolo 10, cpc, senza necessità di motivare in ordine alla mancata adozione di un diverso criterio”. (a cura di Clemente Frascari)
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E’ finalmente possibile controllare da studio anche lo stato delle procedure concorsuali, le esecuzioni immobiliari e quelle mobiliari (a cura di Clemente Frascari).
Importante novità per chi utilizza il servizio “Polisweb”: si possono controllare direttamente da studio le procedure concorsuali, le esecuzioni mobiliari e quelle immobiliari nelle quali si è costituiti.
E’ molto semplice accedere al servizio (per il quale, ribadisco, è necessario avere preventivamente installato a studio il lettore per la firma digitale e regolarmente pagato l’abbonamento biennale): tramite il portale di accesso www.accessogiustizia.it gestito dalla Lextel, una volta identificati mediante il proprio “pin”, entrare a “Servizi Polisweb” e, successivamente, a “Polisweb SIECIC Nazionale”, dopodiché cliccare su “applica” e scegliere il tipo di ricerca da effettuare (agenda, scadenze, fascicoli personali o archivio fascicoli).
Gli aggiornamenti del database avvengono in tempo reale.
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Nel processo civile, in sede di interrogatorio formale, la risposta reticente o evasiva da parte dell’interrogato è interpretabile dal giudice ai sensi dell’art. 232, cpc (a cura di Clemente Frascari).
Lo afferma la Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, con la sentenza n. 7783 del 31 marzo 2010 secondo la quale la norma dell'art. 232 cpc - secondo cui la mancata presentazione o il rifiuto di rispondere consente al giudice di ritenere come ammessi i fatti dedotti nell'interrogatorio formale - è applicabile anche al caso di dichiarazioni che, per il loro contenuto reticente o evasivo, possono essere equiparate alla mancata risposta.
VAI al testo della sentenza
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ENNESIMO RISCHIO PER GLI AVVOCATI
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Attenzione alla scadenza del termine nella notifica diretta postale
(segnalazione di Federico Bucci)
Già il TAR Piemonte (decisioni 431/2009 e 1018/2009) aveva stabilito che se la notifica postale viene richiesta direttamente dall’avvocato essa si perfeziona non con la consegna all’ufficio postale, ma con la successiva consegna del plico al destinatario da parte dell’agente postale.
Con tali decisioni venivano penalizzati gli avvocati che si erano avvalsi dell’autorizzazione alle notifiche dirette postali, mentre -nel diverso caso di notifica dell’Assistente UNEP a mezzo del servizio postale- gli avvocati avrebbero rispettato il termine già con la consegna all’Ufficio Notifiche, indipendentemente dalla data successiva in cui l’agente postale avrebbe poi consegnato il plico al destinatario.
In contrasto, il TAR Veneto (decisione 2393/2009) ha affermato che la notificazione postale richiesta direttamente dall’avvocato rispetta il termine già con la consegna del plico all’Ufficio Postale.
Torna ora alla carica un giudice del Tribunale Ordinario di Cassino, con l’ordinanza 2.12.2009,contenuta nel file di seguito allegato, con la quale è stata ritenuta decaduta dalla proposizione dell’opposizione a decreto ingiuntivo la parte opponente il cui procuratore aveva bensì chiesto la notificazione direttamente all’Ufficio Postale entro il termine dei 40 giorni, ma la consegna da parte dell’agente postale era avvenuta il quarantunesimo giorno successivo alla notificazione del decreto di ingiunzione.
VAI AL TESTO DELL'ORDINANZA: Portals/0/Tribunale di Cassino Ord 2.12.09.doc
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Il principio del devieto dell'abuso del diritto entra anche nei contratti e nel diritto di credito (a cura di Giulio Micioni)
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Dopo aver fatto ingresso nell'ordinamento giuridico tributario, con la sentenza n. 20106 del 18 settembre 2009 la Suprema Corte di Cassazione ha ritenuto vigente nel nostro ordinamento giuridico un generale principio che vieta l'abuso del diritto, inteso come l'utilizzo di uno schema formalmente lecito per perseguire, in concreto, obiettivi ulteriori e diversi rispetto a quelli consentiti dall'ordinamento giuridico o dal contratto.
I giudici di legittimità desumono l'esistenza di tale principio dal precetto costituzionale contenuto nell'art. 2, che impone "inderogabili doveri di solidarietà sociale" a carico di tutti e comportano il rispetto della buona fede e della correttezza nei rapporti contrattuali, sanciti dagli articoli 1175 e 1375 del codice civile.
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Sentenze relative ai giudizi di opposizione ex artt 615 e 616 cpc: ricorso in Cassazione o appello?
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La modifica dell’art. 616, cpc, introdotta dalla legge 69/2009, è di immediata applicazione e riguarda, pertanto, anche i giudizi pendenti in primo grado alla data di entrata in vigore della citata legge (art. 58, co. 2). Devono ritenersi appellabili, quindi, le sentenze in materia di opposizione all’esecuzione che hanno deciso su procedimenti pendenti in primo grado alla data del 4 luglio 2009 (data di entrata in vigore della legge 69/2009), mentre resteranno soltanto ricorribili in Cassazione quelle pubblicate nel periodo compreso tra l’entrata in vigore della legge 52/2006 (1 marzo 2006) e l’entrata in vigore della novella del 2009. Ai fini, invece, della distinzione tra opposizione all’esecuzione e opposizione agli atti esecutivi, circa l’individuazione del regime impugnatorio, tornerà ad applicarsi il principio dell’apparenza, valorizzandosi la qualificazione operata dal giudice della cognizione nella sentenza di primo grado; solo in mancanza di una simile qualificazione, sarà possibile per il giudice del gravame operare d’ufficio la valutazione ai fini dell’eventuale declaratoria di inammissibilità. Ove, invece, il giudizio di primo grado si sia sostanziato tanto in un procedimento di opposizione all’esecuzione quanto in un procedimento di opposizione agli atti esecutivi, per avere il debitore fatto valere censure tanto in ordine all’an quanto in ordine al quomodo della pretesa esecutiva, è da ritenere che la relativa sentenza, pur formalmente unica, ove pubblicata successivamente al 4 luglio 2009, sia appellabile per la parte in cui ha statuito sull’opposizione all’esecuzione e ricorribile in Cassazione per la parte concernente l’opposizione agli atti esecutivi. (a cura di Clemente Frascari)
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Una...valanga di sentenze della Cassazione sulla compensazione immotivata
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La Corte di Cassazione, Sezione Seconda, con le sentenze nn. 1938, 1939, 1946 e 2798 del 2010, ha nuovamente confermato il principio secondo il quale la compensazione delle spese di giudizio deve essere assolutamente motivata, così come, tra l’altro, prescritto dall’art. 92, cpc, nella sua nuova formulazione. Ha affermato, tra l’altro, che con le statuizioni di annullamento dell’atto impugnato, con la compensazione delle spese di lite per “giusti motivi”, siamo di fronte, solo astrattamente, ad una pronuncia favorevole per il ricorrente poiché, a causa della stessa “compensazione”, l’iniziativa giudiziaria finirebbe con il rilevarsi particolarmente antieconomica proprio in quanto lo stesso ricorrente, per difendersi, ha dovuto sottrarre tempo alla propria attività lavorativa, rivolgendosi ad un professionista per la propria difesa tecnica. Inoltre, in caso di compensazione delle spese, nonostante il tempo e l’energie spese dal procuratore del ricorrente per difendere il proprio rappresentato, lo stesso si ritrova beffato dalla stessa Autorità Giudiziaria che, pur avendo verificato la piena validità della sua domanda, non statuisce circa le spese di lite, pur se richiesto. Detto principio viene oramai affermato, tranne che in qualche “caso isolato”, anche dalla prevalente giurisprudenza del Tribunale di Roma (Sezioni Seconda, Dodicesima e Tredicesima). (a cura di Clemente Frascari)
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Le S.U. fanno chiarezza sulle iscrizioni ipotecarie (a cura di Clemente Frascari)
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Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 4077 del 22.2.2010, dirimendo finalmente i precedenti contrasti giurisprudenziali, in perfetta coerenza con il principio recentemente stabilito da altra pronuncia in materia di preavviso di fermo amministrativo (v. Cassazione, SSUU, sent. n. 679 del 19.01.2010), chiariscono una volta per tutte che le controversie in materia di iscrizione ipotecaria rientrano nella giurisdizione delle Commissioni Tributarie solo se promosse in relazione al pagamento di imposte e tasse, dovendo, in ogni altro caso, attribuirsi la giurisdizione al Giudice Ordinario. Un altro punto dibattuto in giurisprudenza, che viene definitivamente chiarito dalla pronuncia, è che l’iscrizione ipotecaria, quale atto preordinato e strumentale all’espropriazione immobiliare, soggiace al limite di cui all’art. 77 del DPR 602/1973 e ss., e non può, di conseguenza, essere effettuata se il debito del contribuente non supera almeno gli 8.000 euro (ndr.: 5.000 euro con le modifiche introdotte dalla legge finanziaria 2010). Infine, ma non di minore importanza per i riflessi di ordine pratico, è l’obiter dictum della Corte, che non solleva alcun rilievo sulla circostanza che, nel caso di specie, il Giudice di Pace adito aveva ritenuto la propria competenza in materia, così smentendo le numerose pronunce che hanno dichiarato l’incompetenza per materia del Giudice di Pace, sul presupposto che la natura immobiliare dell’iscrizione determinasse la competenza del Tribunale (a cura di Giacomo Russo e Clemente Frascari) |
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La cassazione cambia idea sul privilegio immobiliare del promissario acquirente (a cura di Giulio Micioni)
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Le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte, con la sentenza n. 21045 dell'1 ottobre 2009, cambiano orientamento rispetto al decisum contenuto nella sentenza n. 17197 del 14 novembre 2003.
La storia: introdotta la facoltà di trascrivere nei Registri immobiliari i contratti preliminari di compravendita, con l'aggiunta al Codice Civile dell'art. 2645-bis, il legislatore ha attribuito la qualità di credito privilegiato alle somme corrisposte dal promissario acquirente in caso di mancata esecuzione del contratto preliminare trascritto.
Secondo la regola generale fissata nell'art. 2748, II° comma, del medesimo Codice "i creditori che hanno privilegio sui beni immobili sono preferiti ai creditori ipotecari se la legge non dispone diversamente" e, conformemente a tale principio, al privilegio immobiliare del promissario acquirente - fino alla pronuncia delle Sezioni Unite - era data prevalenza rispetto alle ipoteche pur se anteriormente iscritte, non essendo individuabile nel sistema alcuna norma che consentisse una deroga.
Con la sentenza in commento invece la Cassazione muta la propria opinione e ritiene che la deroga prevista all'art. 2748 cod. civ. possa essere "individuata nell'ordinamento attraverso l'interpretazione normativa che tenda al coordinamento dello specifico istituto in esame con l'intero sistema", sostenendo che il privilegio immobiliare del promissario acquirente, poichè sorge per effetto di una trascrizione nei Registri immobiliari, deve adattarsi alle regole proprie della pubblicità immobiliare e, in particolare, al principio "prior in tempore, potior in iure".
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Censura e trasferimento per il Giudice che impedisce lo svolgimento dell'istruttoria (a cura di Giulio Micioni)
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Con la sentenza n. 20730 del 28 settembre 2009 le Sezioni Unite Civili della Suprema Corte di Cassazione hanno confermato la sanzione disciplinare della censura e del trasferimento ad altra sede, irrogata a carico di un giudice presso il Tribunale di Ancona, addetto al settore civile, il quale, in oltre un centinaio di procedimenti, aveva impedito ai difensori di effettuare alcuna attività ai sensi degli articoli 183 e 184 c.p.c. (pur se richiesta concordemente dalle parti), invitandoli a rassegnare le conclusioni per poi dichiarare inammissibile o improcedibile o improponibile la domanda.
Tale condotta aveva determinato una grave e persistente tensione con il Foro di Ancona, che era sfociata in un esposto sottoscritto dal Presidente del Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Ancona, a cui erano allegate numerose segnalazioni provenienti da diversi professionisti del medesimo Foro, che ha dato avvio al procedimento disciplinare definitivamente concluso con la sentenza sopra menzionata. |
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Dall'Agenzia delle Entrate nuove regole per le ipoteche ed i sequestri
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Nuova spinta alle misure cautelari adottabili per garantire la riscossione dei tributi evasi da parte dell'Agenzia delle entrate, che preme sull'acceleratore per un adeguato utilizzo dell'istituto reso assai più incisivo dalle recenti modifiche normative. Le misure cautelari sono, infatti, ormai esperibili non solo sulle sanzioni ma anche sui tributi. E c'è la possibilità di ricorrere a questi strumenti anche quando il contribuente evita la lite col Fisco e definisce "in pac" il rapporto tributario attraverso i neonati istituti di adesione ai contenuti del pvc (processo verbale di constatazione) o dell'invito al contraddittorio che, a differenza dell'accertamento con adesione ordinario, non prevedono la prestazione di garanzie. In una nota l'Agenzia spiega come, nel caso in cui particolari e concrete ragioni lo richiedano, infatti, si può ricorrere alle misure cautelari sia quando il contribuente è ancora in tempo per aderire ai contenuti di un verbale o di un invito, sia dopo che ha già aderito. Sono alcuni dei chiarimenti forniti dall'Agenzia delle Entrate con la circolare n. 4/E del 15 febbraio 2010, relativa alle misure cautelari e all'impulso dato dal decreto anticrisi (dl 185/2008) all'uso di questi strumenti «salva-credito», per contrastare i fenomeni di evasione da riscossione. In particolare, il documento di prassi spiega che l'Agenzia può chiedere l'iscrizione dell'ipoteca sui beni del debitore e l'autorizzazione a procedere al sequestro conservativo anche a tutela dei crediti relativi alle imposte e agli interessi connessi ai processi verbali di constatazione. (a cura di Clemente Frascari)
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All'Avvocato la scelta sul Tribunale ove citare il cliente moroso
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Non è fondata la questione di legittimità costituzionale sulla facoltà degli avvocati di poter citare i propri clienti che non pagano dinnanzi al tribunale ove ha sede il consiglio dell'ordine al quale sono iscritti. La Corte Costituzionale, infatti, con la sentenza n. 50 del 18.2.2010, ha respinto la questione di cosituzionalità sull'articolo 637 del codice di procedura civile sollevata dalla Cassazione. Secondo i giudici della Corte Costituzionale non c'è alcuna disparità di trattamento rispetto agli altri cittadini o alle altre categorie professionali perché ogni professione ha le sue peculiarità che consentono una diversa disciplina. Inoltre la speciale agevolazione per gli avvocati di scegliere il foro più comodo per il recupero crediti è frutto di una scelta certamente non irragionevole del legislatore. ( acura di Clemente Frascari) |
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Difese di ufficio e patrocinio a spese dello Stato (a cura di Stefano Rubeo)
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Blocco dei pagamenti: cosa succede? Quando si risolverà? |
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Assenza dall'udienza del difensore per legittimo impedimento (Cass Pen., n. 37535/09)
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Sarà più facile giustificare l’assenza dall’udienza del difensore per legittimo impedimento. Se l’istanza viene trasmessa per fax, anche il giorno stesso dell’udienza, prima che la stessa abbia inizio, il giudice ha l’obbligo di esaminarla. Lo ha deciso la Cassazione che, con la sentenza in oggetto del 24 settembre 2009, ha accolto il ricorso di un avvocato che aveva fatto istanza di rinvio del dibattimento in quanto impossibilitato a partecipare per un concomitante impegno professionale (a cura di Clemente Frascari).
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Di nuovo sanzionata la immotivata compensazione delle spese
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La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 25317 del 1°.12.2009, ha nuovamente confermato il principio secondo il quale la compensazione delle spese di giudizio deve essere assolutamente motivata, così come, tra l’altro, prescritto dall’art. 92, cpc, nella sua nuova formulazione. Ha affermato, tra l’altro, che con le statuizioni di annullamento dell’atto impugnato, con la compensazione delle spese di lite per “giusti motivi”, siamo di fronte, solo astrattamente, ad una pronuncia favorevole per il ricorrente poiché, a causa della stessa “compensazione”, l’iniziativa giudiziaria finirebbe con il rilevarsi particolarmente antieconomica proprio in quanto lo stesso ricorrente, per difendersi, ha dovuto sottrarre tempo alla propria attività lavorativa, rivolgendosi ad un professionista per la propria difesa tecnica. Inoltre, in caso di compensazione delle spese, nonostante il tempo e l’energie spese dal procuratore del ricorrente per difendere il proprio rappresentato, lo stesso si ritrova beffato dalla stessa Autorità Giudiziaria che, pur avendo verificato la piena validità della sua domanda, non statuisce circa le spese di lite, pur se richiesto. Detto principio viene oramai affermato, oltre che dalla giurisprudenza di legittimità, anche dalla prevalente giurisprudenza del Tribunale di Roma. (a cura di Clemente Frascari) |
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Regolare la costituzione in giudizio a mezzo posta con l'apposizione del visto di deposito da parte della cancelleria
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Le SS.UU., con la sentenza n 5160 del 4.3.09 dichiarano la regolarità della costituzione in giudizio eseguita a mezzo posta con l'apposizione del visto di deposito da parte del cancelliere (segnalataci dall'AGIFOR).
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Perfezionamento della notifica ai sensi dell'art 140 cp
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La Corte con la sentenza n. 3 dell’11/14 gennaio 2010, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 140, cpc, (Irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia), nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il suo ricevimento o, comunque, decorsi dieci giorni dalla spedizione. Il Tribunale di Bologna e la Corte d'Appello di Milano avevano dubitato della legittimità della norma laddove prevede che gli effetti della notifica, nei confronti del destinatario della stessa, erano fatti decorrere dal compimento dell'ultimo degli adempimenti prescritti, ossia dalla spedizione della raccomandata con avviso di ricevimento. Si trattava, in effetti, di una interpretazione pacifica, avallata da precedenti della Corte di legittimità, anche a Sezioni Unite, nonché della stessa Corte Costituzionale. Ma la soluzione sinora accolta è stata rivisitata partendo da una considerazione fondamentale: individuare nella spedizione della raccomandata il momento perfezionativo del procedimento di notificazione ex art. 140, cpc, aveva senso, nel passato, sia in relazione alla necessità di bilanciare gli opposti interessi del notificante e del destinatario, sia con riguardo all'esigenza di non addossare al primo i rischi inerenti al decorso del tempo per la consegna della raccomandata.
Si tratta però di considerazioni ritenute non più attuali nel sistema delle notifiche come delineato a partire dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 477 del 2002.
Risulta, infatti, ormai presente nell'ordinamento processuale civile, fra le norme generali sulle notificazioni degli atti, il principio secondo il quale il momento in cui la notifica si deve considerare perfezionata per il notificante deve distinguersi da quello in cui essa si perfeziona per il destinatario. Con la conseguenza che, anche per le notificazioni eseguite ai sensi dell'art. 140, cpc, al fine del rispetto di un termine pendente a carico del notificante, è sufficiente che l'atto sia tempestivamente consegnato all'ufficiale giudiziario, mentre le ulteriori formalità previste possono essere eseguite anche in un momento successivo. Su questa premessa, la Consulta confronta l'attuale disciplina in tema di notificazioni a mezzo posta (in particolare, l’art. 8 della legge n. 890/82) con la disciplina dell'art. 140, cpc. Viene constatata una discrasia ai fini dell'individuazione della data di perfezionamento della notifica per il destinatario (nelle notificazioni a mezzo posta, la notificazione si ha per eseguita decorsi dieci giorni dalla data di spedizione della lettera raccomandata informativa ovvero dalla data di ritiro del piego, se anteriore; nella disciplina di cui all'art. 140 cpc, invece, si dà rilievo, ai fini del perfezionamento della notifica nei confronti del destinatario, alla sola spedizione della raccomandata). Pertanto le conclusioni della Corte sono che l'art. 140 cpc è costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede che la notifica si perfeziona, per il destinatario, con la spedizione della raccomandata informativa, anziché con il ricevimento della stessa o, comunque, decorsi dieci giorni dalla relativa spedizione.
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Notifica al difensore (a cura di Clemente Frascari)
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Ai fini della validità della notifica, fa fede il domicilio dell’avvocato risultante dal sito internet del Consiglio dell’Ordine di appartenenza. È valido il ricorso notificato al difensore nel domicilio risultante dal sito internet ufficiale del Consiglio dell’Ordine anche se, di fatto, non è poi quello reale. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 27630 del 29 dicembre 2009, con la quale ha considerato rituale una notificazione fatta nel domicilio (errato) indicato da due avvocati del Foro di Genova sul sito internet del proprio Consiglio dell’Ordine. Afferma la Corte che "…in tema di contenzioso, il senso della discordanza fra il domicilio del difensore risultante dalla sentenza o comunque dagli atti e quello in cui sia stata effettuata la notificazione può essere superato attraverso un potere di riscontro dell'effettivo domicilio del difensore, che, giustificato dalla sussistenza di poteri di rilevazione d'ufficio immanente al controllo della ritualità della notificazione e dalla possibilità che essi si esercitino da parte della Corte attraverso fonti di conoscenza degli elementi rilevanti di carattere ufficiale".
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Novità in tema di ricusazione
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La denuncia dell’avvocato contro il magistrato non fa scattare automaticamente la ricusazione. Il giudice non può essere ricusato solo perché in passato è stato denunciato dinnanzi all’autorità giudiziaria dall’avvocato. La Cassazione, infatti, con la sentenza n. 46631 del 3 dicembre 2009, ha affermato che “…la presentazione di una denuncia contro un magistrato non è da sola sufficiente ad integrare l’ipotesi di ricusazione, poichè il sentimento di grave inimicizia, per essere pregiudizievole, dev’essere reciproco, deve cioè nascere o essere ricambiato dal giudice e deve trarre origine dai rapporti di carattere privato estranei al processo”. Ma non solo, lo stesso principio si deve applicare anche nell’ipotesi in cui l’avvocato abbia denunciato un parente stretto del magistrato. (a cura di Clemente Frascari) |
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Inammissibile l'invio di atti in cancelleria a mezzo fax
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Maggior formalismo nellla presentazione delle memorie nel processo. È infatti inammissibile l’invio di atti a mezzo fax, anche se eseguido dallo studio del difensore costituito per una delle parti. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione che, con la sentenza n. 22033 del 16 ottobre 2009, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato per risolvere una lite nata sulla fornitura di merci. Alla Corte era arrivato un fax in Cancelleria, proveniente dallo studio del difensore di una delle parti. Il deposito così eseguito è stato considerato non valido. (a cura di Clemente Frascari) |
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