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Allarme: la reformatio in pejus della previdenza Riduci
1°.09.2008. Cari Colleghi, è della massima importanza che Vi aggiorni sulla pesante onerosità della riforma della previdenza forense, deliberata dal Comitato dei Delegati della Cassa il 24 luglio scorso: mi assumo un compito ingrato, ma sento fortissimo l’obbligo morale di farlo.  
Avevo già riferito in precedenti, varie circolari, sullo sperpero dei nostri risparmi per la generosità delle pensioni sproporzionatamente corrisposte dal 1980 (micidiale è stata la legge 576 del 20.9.80, che abolì il sacrosanto sistema a capitalizzazione individuale, introducendo il sistema per cui i professionisti attivi pagano le pensioni agli altri). Soltanto molti anni dopo ho iniziato ad interessarmi di previdenza forense e soltanto dopo ulteriori anni ho cominciato a capire quello che avevano combinato.
Con l’enfatico slogan della “solidarietà intergenerazionale” dal 1980 i nostri versamenti non sono serviti più alla capitalizzazione individuale, ma a pagare le pensioni a tantissimi che - conti alla mano - non le avrebbero meritate in quella misura. La situazione è risultata aggravata per la sorpresa (inaspettata nel 1980) della crescente longevità della nostra categoria, il che ci fa enorme piacere, ma sbilancia ulteriormente il nostro futuro previdenziale.  
Per porre rimedio alla situazione, volendo spontaneamente assicurare una stabilità futura di 30 anni, nel marzo 2006 il Comitato dei Delegati deliberò gli aumenti dei contributi soggettivo (al 12%) e integrativo (al 4%), ma tale secondo aumento non fu approvato dai tre Ministeri vigilanti, con una pretestuosa illusione finanziaria: secondo i Ministeri vigilanti, l’aumento del contributo integrativo al 4% sarebbe stato a carico di Sua Maestà il Consumatore; che invece sarebbe effettivamente rimasto a carico nostro lo può confermare qualunque pur modesto cultore di scienza delle finanze. 
Con tale “dispetto” pretestuoso la stabilità futura ci veniva assicurata dagli attuari per appena 22 anni.   Dopo un mese da quello schiaffo alla Cassa, nella legge finanziaria 2007 fu stabilito l’obbligo per le Casse private (come la nostra fondazione) di dimostrare una stabilità per almeno 30 anni. 
Per evitare la messa in liquidazione della nostra Cassa, così intrappolata dai politici, e per evitare l’affidamento del nostro destino alle cure dell’INPS (con pensioni più basse e contributi al 26%), il Comitato dei Delegati è corso ai ripari, studiando nuove soluzioni, infine deliberate nell’adunanza del 24 luglio scorso:   elevazione del contributo soggettivo al 13% ed elevazione progressiva dell’età del pensionamento dagli attuali 65 anni a 66 nel 2012 e così man mano fino ad arrivare a 70 anni per coloro che andranno in pensione dal 2024 in poi.
Con tali rimedi, imposti dall’analisi attuariale (e dalla trappola dei politici per appropriarsi dei beni della Cassa Forense per circa 4 miliardi di euro ed altri 30 miliardi delle altre Casse private dei lavoratori autonomi, pure intrappolate dalla detta disposizione della legge finanziaria 2007), il Comitato dei Delegati ha dovuto parare la lacuna (da 22 a 30 anni di stabilità futura), non essendoci segnali che la nuova, attuale maggioranza parlamentare non avrebbe approfittato, incamerando i 34 miliardi di euro delle Casse di previdenza private, scusandosi col dire che i cattivi che avevano fatto la legge per rubare i risparmi dei lavoratori autonomi appartenevano alla precedente maggioranza, ma che ora quella legge va rispettata.
Per raggiungere la previsione di 30 anni di stabilità del nostro sistema previdenziale è dunque purtroppo necessaria tale reformatio in pejus, non potendo avvalerci dell’aumento del contributo integrativo al 4% (che nel tentativo di riforma del 2006 i Ministeri vigilanti ci avevano già bocciato)
Anche se ci può irritare, a prima vista, lo spostamento dell’età del pensionamento a 70 anni, occorre riflettere sia che tale aumento è assai lento, sia che la Cassa - per la detta longevità degli avvocati - pagherà le pensioni per un periodo sempre più lungo (gli avvocati ultracentenari saranno molti), sia che comunque - per i ritardi scolastici ed universitari - i colleghi si iscrivono alla Cassa non più giovanissimi. 
Nel Comitato dei Delegati ho condiviso tali deliberazioni, mentre mi accingevo a votare a favore anche della introduzione della previdenza “modulare”, avendo io stesso accennato all’idea più di un anno fa, in una mia sfuriata contro i soliti discorsi che sentivo sulla istituzione della previdenza complementare e della previdenza integrativa, che avrebbero imposto la creazione di altri sistemi aggiuntivi per tali gestioni previdenziali separate, con la conseguente burocrazia, forse poi ulteriori consigli di amministrazione e simili costi e assurdità:    nell’adunanza del Comitato avevo inveito, pronosticando il fallimento di tali iniziative alla luce della nuova povertà che stava per colpire la categoria, la quale - secondo la mia percezione -non sarebbe stata finanziariamente in grado di aderire a tali aggiuntive forme di previdenza volontaria.  
Proposi allora di considerare la possibilità di consentire agli iscritti di eseguire - nell’arco della vita lavorativa - versamenti occasionali, in aggiunta ai contributi sog-gettivi ed integrativi, in anni in cui l’attività professionale fosse stata assai fruttifera, senza assumere l’impegno di una contribuzione aggiuntiva tutti gli anni (complementare o integrativa) che ritenevo non fosse ragionevole aspettarsi nel tetro futuro che ci aspetta.   L’hanno chiamata “previdenza modulare”e non sento più cianciare dei detti sistemi aggiuntivi di previdenza complementare ed integrativa.
Come ho anticipato, ero assai disposto a votare - nel quadro della riforma - per l’introduzione della previdenza modulare ma, al momento di deliberare, è stato proposto che, per sostenere la previdenza modulare (val dire la possibilità per gli iscritti alla Cassa di eseguire versamenti aggiuntivi a loro discrezione in alcuni anni, così avvantaggiandosi ai fini pensionistici), occorreva comunque imporre un contributo “a tutti” dell’ 1% sul reddito imponibile, sicché - in sostanza - la contribuzione sarebbe aumentata per tutti dal 13% sul reddito imponibile per il contributo soggettivo (come deliberato mezz’ora prima nella stessa adunanza del 24 luglio) oltre ad altro 1% per la previdenza modulare, e così in totale il 14%, oltre all’aumento del contributo integrativo dal 25 al 4% (e sappiamo bene che è una “illusione finanziaria” che tale l’importo di tale contributo sia davvero a carico del cliente).    Vano è stato il mio voto contrario: la proposta è stata approvata.  
E’ per fatti come questo che mi sforzo di tenere duro e non abbandonare il campo all’armata di quelli che già vedo all’orizzonte candidati alle prossime elezioni.
Vedrete ai primi del prossimo febbraio, in occasione delle elezioni per la Cassa di Previdenza, quanti si proporranno senza meriti, senza alcuna cognizione di drammatiche scelte strategiche previdenziali, chiedendo voti per motivi che dovrebbero offendere elettori intelligenti e responsabili: “per amicizia”, per campanilismo, per la comune pratica del calcio, per favoritismi clientelari. L’ignoranza diffusissima in materia previdenziale farà avanzare proposte elettorali grottesche.   Anni fa fu eletto al Consiglio dell’Ordine di Roma un candidato che, durante la campagna elettorale, aveva proposto che all’atto del pensionamento la Cassa Forense corrispondesse all’avvocato anche il Tfr.
Non Vi sembra che costoro ci abbiano già ridotto drammaticamente male in tutte le nostre istituzioni ?    Non Vi sembra che sia ora che venga stroncata una volta per tutte l’attitudine suicida di molti di non votare o di votare assurdamente per il compaesano, il compagno di calcio, finti amici sbaciucchiatori in mala fede, e simili ? 

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